Cercatori di se stessi: i Mòn escono allo scoperto con Zama

Artista: Mòn
Album: Zama
Etichetta: Urtovox
Ufficio stampa: Unomundo

Gente giovane, musica fine. I Mòn ​stravolgono movimenti e dimensioni musicali del nuovo millennio indie, promuovendo un insieme di sonorità fresche e interessanti.
Provengono da Roma e suonano dal 2014, dopo un incontro in cantina che divenne propedeutico ad un progetto oggi culminato in Zama. All’inizio era indie folk, oggi i Mòn parlano con synth e ritmi incalzanti che accarezzano sin da subito il metodo inglese, per poi ricordarci anche i nostrano Disco Drive. Ma Mòn ​vuol dire anche altro, perché in cinque componenti abbiamo doppia chitarra e, soprattutto, una voce femminile che alterna vibrazioni Sigur Ros e dialettica alla MGMT.

Una curiosa creatura che espone da subito con Lungs (video première del disco), un’auspicabile ricordo di indie music concreta e sognante, riletta con chiave elettronica e ritmo incalzante. In Alma viene fuori il duetto vocale, preda di intenzioni che utilizzano un background ampio e sintetico, felicemente sonorizzato. The Flock ricorda i tempi di desideri più intimi di scuola Beirut. Cuori che si scaldano e suono più pacato accompagnano Indigo, per poi riprendere vigore e battito electro pop in Fluorescence, brano che sul finale tira dritto spavaldo e ballabile. Mai dimenticare le chitarre dopo un bell’acuto di voce femminile, ed ecco che Fragments ha anche metriche matematiche ed un attracco simile alle folate Foals. Più passano i brani più si sente la voglia di ricerca e personalità, nonostante i richiami alla contemporaneità siano molti e variegati, sino a ricordarci spunti melodici introversi e sixties con un bel pezzo come To Marianne. Bombette in testa e cori come in una
filastrocca indie folk, divertente e sbarazzina. Un finale dinamico, a dispetto della solita tristezza dell’ultimo giro di basso che troviamo in molti artisti. Ma, come detto, i Mòn sono diversi.

Testo a cura di Andrea Alesse

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