Space Traffic, la recensione di Numbness

Space Traffic

Numbness

 

Da Aosta un trio che spazzola chitarrate di matrice space e attenzioni di un certo rock cantato in inglese, capace di animarsi tanto in territori prog quanto in animi più power. La cometa Halley Bo deve ancora arrivare e le i nostri Space Traffic la aspettano illuminati solo dai rade di una musica che deve molto ai Beatles, quanto ai  contemporanei virgulti di matrice spacey legate a tradizioni d’oltre oceano.

Forte attenzione alla composizione (Usay U love me) e al reef, con voce mascherata e accordi di basso che in Time Machine diventano improvvisamente blues, con un’affinità ai Virtual Time conclamata in una ricerca del suono che si snoda in tempi di un certo spessore, fuori dai canoni soliti.

Cavalcate più tranquille come Hails of Love mostrano un lato più attento alla sonorità ricercata, mentre è Mirror Game a lanciare in aria  un’area più college rock, sempre con la chitarra che va oltre i soliti toni e si avvicina a lirismi progressive. Un buon esordio per i ragazzi, che dimostrano di amare la loro musica e si cimentano in un album composto di varie anime, e con un retro gusto di heavy psych pop di vecchia scuola che non guasta mai.

 

Andrea Alesse

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