Moreno: ‘Senza musica avrei fatto il parrucchiere’

Moreno nasce a Genova ed ha la musica nel sangue. La sua carriera da solista parte inanellando una lunghissima serie di vittorie in concorsi per rapper-freestyler che contribuiscono a forgiare la personalità di questo giovane artista, che raggiunge la semifinale all’Mtv Spit e vince la Battle Arena (a Bologna).

Due successi che lo portano al talent Amici 2013 (primo rappresentante in assoluto del mondo rap), che lo incorona vincitore e gli assegna anche il Premio della Critica giornalistica.

Da quel momento inizia il suo boom artistico. La scena undergroud lascia il posto ai grandi numeri del mainstream. Arrivano anche il Festival di Sanremo e il tour che regala tantissimi sold out. In occasione del suo concerto a Castagnole Lanze (Festival Contro) abbiamo incontrato il giovane rapper, che ci ha concesso questa bella intervista.

Moreno, quanto è difficile per un ragazzo, entrare in un talent quasi da sconosciuto ed uscirne da vincitore. Ciò che ci interessa è capire cosa vuol dire avere la vita stravolta in poche settimane e imparare a convivere con una “clausura” quasi obbligata, per chi rischierebbe di essere assalito dai fan in ogni momento…

«Diciamo che c’è di peggio, anche se in tutta onestà non immaginavo quello che avremmo vissuto. E’ stata dura, ma piano piano ci stiamo adeguando. Parlo al plurale perché insieme a me c’è uno staff che mi ha supportato per affrontare questa nuova pagina della mia vita, in cui occorre essere dediti totalmente agli impegni professionali. Probabilmente l’abitudine a questa vita non la farò mai. E’ complicato essere riconosciuti dappertutto, ma soprattutto è molto difficile far vedere che tu hai sempre un grande piacere ad avere rapporti con i fan. L’imperativo è che la gente che mi conosceva prima non noti la differenza con il passato. In fondo io non sono cambiato, sono sempre quello. Semmai è il mio lavoro ad essere cresciuto a dismisura, passando da un ambiente underground ad un mercato molto più grande».

Come è nata la scelta di andare ad un Talent, molto distante dal tuo modo di intendere la musica?

«E’ stata la produzione di Amici a voler inserire i rapper nel cast dei cantanti e dei ballerini. Io non seguivo il format, conoscevo alcuni dei vincitori, ma non avevo grande interesse. Chi mi ha proposto di andarci è stato J-Ax. Lui mi aveva seguito nei concorsi di frestyle, quali per esempio Mtv Spit ed evidentemente l’avevo colpito positivamente. Un giorno in aereo incontrò una redattrice di Amici, che gli chiese un paio di nominativi di rapper da provinare. Lui fece il mio. Quando arrivò la chiamata, accettai, soprattutto per la curiosità di capire cosa volessero propormi e per non avere rimpianti. Alla fine si aprì un vero e proprio portone per la mia carriera artistica».

In un’intervista Emis Killa, ci disse che il mondo dei rapper ti coccola quando sei giovane, ma non appena diventi più famoso, l’amicizia sparisce e subentra l’invidia. E’ accaduta la stessa cosa anche a te?

«Qualcuno scambia la collaborazione con l’amicizia. In realtà gli amici sono altri, sono quelli che conosci da tanto tempo, con cui cresci e crei un rapporto di stima. Io ed Emis abbiamo molto in comune, a partire dall’anno di nascita. La sua esplosione è stata un po’ anticipata rispetto alla mia e posso comprendere che qualcuno gli abbia voltato le spalle. Credo che in questo mondo occorra pensare a se stessi, andare per la propria strada. L’importante è avere la coscienza pulita e mantenere buoni rapporti con gli altri. Solo in questo modo potrai vivere sereno. I detrattori potranno dire quello che vogliono sul tipo di musica che fai, ma non potranno muoverti critiche su come ti comporti».

Dopo Amici è arrivato Sanremo. Il Festival è “oltre”, almeno per un artista come sei tu…

«Credo che a Sanremo non siano ancora pronti per il rap. E’ il festival della musica italiana, intesa come espressione popolare. I rapper sono dei veri e propri outsider ed è già tanto che possano salire su quel palco. Per me è stato un onore. L’unica eccezione è stata probabilmente Rocco Hunt, che lo scorso anno, ha vinto le nuove proposte con un brano di denuncia sulla terra dei fuochi. Diciamo che in quel caso ha vinto l’idea di portare un artista della zona, che raccontasse al pubblico della tragedia che sta vivendo quel territorio. Non ha importanza in che modo questa storia venisse raccontata».

Come ti sei trovato?

«Diciamo che ho avuto la fortuna di partecipare come big, nonostante la mia giovane età e questo mi ha aiutato molto. Il mio obiettivo era uscire indenne da questo tritacarne, raggiungere la finale ed interpretare, nella serata delle cover, un brano di un mito, quale è Adriano Celentano (Una carezza in un pugno ndr), senza fare disastri. Sono felice anche delle critiche rivolte dai media. Anche chi mostrava scetticismo nei miei confronti, alla fine ha parlato bene di me. Posso ritenermi nel complesso promosso».

Se tu non avessi fatto il musicista, cosa avresti potuto fare? Il calciatore?

«Beh a calcio ho giocato fino a 20 anni ed è la seconda passione più grande che coltivo, dopo quella per la musica. L’ho accantonato soltanto perché la musica è diventata il mio lavoro e mi fa mangiare. Detto questo non credo avrei potuto fare il calciatore professionista. Probabilmente avrei potuto continuare a fare il parrucchiere».

A proposito di calcio. E’ doveroso ritornare a giugno, quando allo Juventus Stadium si disputò la partita del cuore. Se tornassi indietro rifaresti quel tunnel a Pavel Nedved? E soprattutto cosa ti ha colpito di più di quel siparietto calcistico?

«La gamba di Nedved (ride). Per me quella giornata è stata un’esperienza indimenticabile. Ero un bambino felice e come tale mi sono comportato. Il sogno di un tifoso bianconero di entrare negli spogliatoi della Juve, incontrare i miei idoli quali sono Del Piero, Nedved, Storari. Di quell’esperienza ricorderò soprattutto questo. Certo aver fatto il tunnel a Nedved è stata una soddisfazione incredibile, da inserire nel mio curriculum. Mi ha deluso che ci sia rimasto male e mi spiace sentire che ancora oggi mi critichi per aver fatto quel gesto. Io credo che una persona come lui, dovrebbe cercare di mostrare l’immagine serena della società che rappresenta ed evitare di alimentare polemiche. D’altro canto anche io, con il senno di poi, avrei potuto evitare quel gesto, forse un po’ irrisorio, di incitare il pubblico. Detto questo non nego che se dovesse capitare l’occasione, il tunnel lo rifarei eccome».

Cosa ti fa più paura del futuro?

«Ho paura di potermi stufare. Sono consapevole di aver avuto tanto ed è un po’ cambiato il modo di concepire questo mestiere. Quando lavoravo nell’underground ogni piccola conquista era un successo, ora purtroppo è difficile ragionare in quel modo. Quando arrivi al top è inevitabile che ci siano gli alti e i bassi. So che prima o poi arriverà il momento in cui sarà difficile mantenere il successo, ma ciò che più temo è che possa essere io a dire basta ancor prima che arrivi quel momento. Tanto che nel calcio, quanto nel lavoro di parrucchiere sono stato io a dire stop ancor prima che mi “licenziasse” il padrone. Ora faccio il mestiere più bello del mondo, non voglio arrivare a cambiare e rovinare quel rapporto che ho con i fan e con la musica».

Foto e intervista a cura di Vincenzo Nicolello. Ringraziamo Mescal per aver organizzato l’incontro.

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