La Tempesta Gentile – Intervista

 

Da venerdì 5 aprile è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale e in formato fisico “LTG” (Overdub Recordings), il primo album de La Tempesta Gentile.

 

“LTG” è un disco che non parla di rabbia, rassegnazione, critica, apatia, o qualunque altra sensazione legata alla tormentata condizione terrestre. È un album che, partendo dall’osservazione della terra e da una primordiale passione per l’astronomia, si propone di rappresentare un viaggio in cui le difficoltà e la speranza si fondono tra ostacoli e luoghi inesplorati, alla ricerca della leggerezza perduta. Si tratta di un lavoro che cerca di aprire gli occhi, allargando l’orizzonte e allentando la morsa della gravità.

 

TRACKLIST:

1 – Interpretare I Sogni (A Volte Serve)

2 – Verso Giove

3 – Esplorazione

4 – Satelliti Galileiani

5 – 9,8

6 – Senza Nome

7 – Senza Nome (Sole)

8 – Magnitudine

9 – Atterraggio Semplice

10 – La Tempesta Gentile

 

Biografia

La band, nata nel 2021, si propone con un‘essenziale formula a duo, con l’idea di dare una propria rilettura personale del genere chitarristicamente stratificato per eccellenza, lo shoegaze, con i soli utilizzi del basso, supportato dall’effettistica, e della batteria, affiancata da uno strumento denso di risonanze e riverberi come l’handpan. Il tutto per raggiungere un sound allo stesso tempo denso ma diretto, così come saturo, ma nitido nella sua semplicità. 

I singoli “Esplorazione” e “Senza Nome (Sole)” hanno anticipato il debut album “LTG”, pubblicato da Overdub Recordings e distribuito da Ingrooves/Universal Music Group, disponibile sulle piattaforme digitali e in formato fisico dal 5 aprile 2024.

 

Ciao ragazzi e benvenuti su the front row. Come prima cosa presentateci la formazione della band e da dove venite.

Ciao e grazie! Siamo La Tempesta Gentile, da Reggio Emilia, nelle persone di Luca Canei (basso e voce), e Giovanni Artioli (batteria e handpan).

 

Raccontateci un po’ di storia della band: chi sono i fondatori ufficiali, quando è nata la band e com’è nata l’idea?

Il fondatore sono io (Luca), ho una storia abbastanza lunga come batterista, provengo da diverse formazioni dove ho militato fin da ragazzino, a partire dagli anni 90, fra cui Il Nucleo, band che ha ottenuto un buon successo nella prima decade degli anni 2000, un periodo fortunato che mi ha dato la possibilità di fare il musicista a tempo pieno fino ad oggi.

Volevo fare qualcosa di profondamente diverso, con un ruolo differente, e soprattutto avvicinandomi alle sonorità con le quali sono cresciuto nei primi anni 90, shoegaze in primis. Quindi ho imbracciato il basso, ho iniziato a cantare direttamente io i miei pezzi, ho contattato Giovanni che conoscevo da tanti anni, e dopo aver cercato per un po’ un chitarrista, ho deciso di rimanere in due, sdoppiando il segnale del mio basso, portandolo ad un ampli da basso e ad un ampli da chitarra, gestendo il tutto con una pedalboard. Mi sembrava molto più stimolante l’idea di rivisitare un genere conosciuto soprattutto per le stratificazioni sonore, spesso date da più chitarre, con il solo basso, supportato dall’effettistica. Funzionava, ci piaceva, sentivamo di creare un suono davvero “nostro”, quindi la via era tracciata.

 

Parlateci un po’ del nome della vostra band: come nasce e che significato ha per voi?

Il nome è uscito molto più velocemente rispetto a tante band in cui ho suonato, è stato naturale, volevamo trovare un nome che riflettesse il nostro sound e le nostre dinamiche, e La Tempesta Gentile era perfetto. Poi può ricordare alcuni nomi di tante band storiche del prog italiano degli anni 70, genere di cui Giovanni è un grande estimatore, quindi siamo stati unanimi nella scelta fin da subito.

 

Presentatevi a chi non vi conosce: descriveteci il vostro sound e a quali gruppi e generi vi ispirate maggiormente. Tralasciando il solito discorso “non ci piace essere catalogati in un genere preciso”, in quale movimento/genere vi collochereste?

Come dicevamo, il nostro sound prende come ispirazione principale la scena shoegaze delle origini, quindi band come Ride, My Bloody Valentine, Slowdive, Catherine Wheel, Adorable, ecc.

I nostri ascolti vengono da lì, è innegabile. Poi chiaramente tutta la tua storia da musicista crea influenze che qua e là escono, a volte nascoste, a volte in modo molto più evidente.

A me (Luca) ad esempio piace il synthpop anni 80, in primis Depeche Mode da Black Celebration in poi, Giovanni è un grande fan di tante band prog, insomma, ce n’è per tutti i gusti…

Tutto questo si riflette nel nostro sound con momenti ruvidi e cinetici che si alternano a fasi eteree e più dilatate, il tutto con diversi layer di suono, spesso creati con i loop, che creo sul momento e lancio dalla pedalboard. Anche l’handpan è fondamentale nel nostro sound, perchè essendo uno strumento denso di risonanze e riverberi, si inserisce alla perfezione nei momenti più riflessivi, mescolandosi alla perfezione con il suono “chitarristico” del mio basso. Speriamo anche di risultare originali, utilizzando uno strumento che raramente si è visto all’interno di una rock band.

 

Siete al lavoro su un nuovo album o lo state per pubblicare? Se sì, parlatecene un po’ altrimenti come descrivereste l’ultimo lavoro che avete realizzato e cosa possono aspettarsi gli ascoltatori dalle vostre canzoni?

Il nostro disco si chiama LTG, è uscito il 5 aprile, ed è il frutto del nostro lavoro degli ultimi due anni. Da questo disco ci si possono aspettare paesaggi diversi, anche nello stesso brano, sottolineati da un suono a tratti aggressivo e a tratti riflessivo, dove le ritmiche scompaiono lasciando spazio a suoni più eterei, dove la vincono chorus e riverberi. La costante che abbiamo cercato di tenere in tutte le tracce, è quella di avere un suono il più profondo possibile, con la voce sempre tenuta un passo indietro, come se si fosse in viaggio in enormi spazi inesplorati a contemplare quello che ci succede intorno. Un altro aspetto fondamentale sicuramente è la resa live, nel disco siamo rimasti fedeli al 100% al suono che abbiamo dal vivo, evitando i “trucchetti” da studio di cui spesso si abusa per levigare (fin troppo) le registrazioni e velocizzare i tempi. Abbiamo lasciato volutamente le imperfezioni, con l’idea di ottenere un suono vivo, sì lavorato in modo professionale, ma che ci rispecchi totalmente una volta sul palco.

 

Ora parliamo della vostra discografia e carriera: qual è stata la prima cosa in assoluto che avete mai registrato, cosa avete inciso fino ad oggi e quante esperienze dal vivo avete avuto?

Nel mio caso (Luca), credo di essere stato in studio per la prima volta nella seconda metà anni 90, per registrare un demo di una mia band in cui facevamo crossover alla Faith No More. Dopodichè oltre ad altri provini o ep autoprodotti, dal 2003 ho suonato in tutti gli album de Il Nucleo, più varie comparsate in altri dischi, sempre come batterista. Non ho idea di quanti live possa aver fatto in tutta la mia vita, di certo almeno diverse centinaia.

Invece io (Giovanni) essendo molto più giovane, sono alle mie prime esperienze in studio, LTG è il primo disco “ufficiale” che ho registrato, oltre ovviamente alle classiche registrazioni in presa diretta in sala prove.

 

Quale vostra canzone consigliereste a chi non vi ha mai sentiti?

Forse Senza Nome (Sole). Dentro ci sono un po’ tutte le nostre anime, e crediamo sia il brano dove emergono maggiormente gli ascolti che ci hanno formato. Inoltre ci rispecchiamo in particolar modo nel testo, e dal vivo è un brano che funziona bene.

 

Qual è finora il momento più bello e/o importante da quando siete una band?

Il primo live di un anno fa, dove abbiamo capito che il “mostro” che abbiamo creato, fra torri di amplificatori, pedalini e diavolerie varie, poteva stare in piedi ed essere domato.

 

Chi è il principale compositore del gruppo? Usate qualche metodo per assemblare tutte le idee che vi passano per la testa?

Il lavoro in fase compositiva è diviso equamente fra noi due, il metodo migliore, che con noi funziona sempre, è quello di provare, provare e provare. Al solito partiamo da un’idea abbozzata, anche un semplice appunto, poi in sala prove pian piano tutto prende forma e a quel punto il testo viene direttamente ispirato dalla musica che stiamo creando.

 

Parlateci un po’ dei vostri testi: chi è il songwriter principale e quali sono gli argomenti che preferite trattare? E poi, meglio la lingua inglese o italiana?

I testi li scrivo io (Luca), ma ovviamente chiedo un feedback a Giovanni su tutto, anche su una singola parola. Riesco solo a parlare di cose che riguardano me e la mia vita, questo è indubbio, poi spero ovviamente che in tanti vi si possano riflettere. Dunque c’è tanto del mio vissuto, fra cui ad esempio frequenti rimandi all’astronomia, attraverso metafore o citazioni, una passione che ho da quando sono bambino. Questo credo si possa intuire già solo leggendo la tracklist.

Il mio inglese è pessimo, non facciamo nemmeno una cover in inglese, l’unica cover che abbiamo in scaletta è En Remolinos, un brano dei Soda Stereo, dove con lo spagnolo invece posso cavarmela.

Poi l’italiano è una lingua difficile da mettere nei testi, soprattutto in sonorità vicine ad un genere come lo shoegaze, e allora per me diventa quasi una sfida irrinunciabile che mi motiva ancora di più in questa direzione. Mi piace molto lavorare con il suono delle parole, poi a volte usare l’inglese mi sembra quasi una “scappatoia” per non esprimersi nella propria lingua madre, anche se amo tantissime band italiane che cantano in inglese (potrei fare una lista interminabile). Diciamo che voglio andare subito al sodo, uso la mia lingua madre e buona lì.

 

Quant’è importante per voi l’attività live di una band e quant’è determinante, secondo voi, la presenza scenica e perchè?

È fondamentale l’attività live, è il tuo vero biglietto da visita. La presenza scenica è determinante, perché cattura l’attenzione del pubblico e ti aiuta a farti ascoltare meglio, e a non vedere la gente che va al bar a farsi una birra mentre stai suonando.

 

Quanto conta, secondo voi, il look di una band al giorno d’oggi? Voi avete un vostro “dress code” oppure salite sul palco come capita?

Il look da sempre conta, mi piace citare un’intervista a Joe Strummer in cui diceva che ai concerti non ci deve essere fra il pubblico gente vestita meglio della band, un po’ a voler dire che chi è sul palco deve far capire che è lì per spaccare, non perché passa di lì per caso, e deve distinguersi anche come immagine.

Non abbiamo un dress code particolare, anche se io (Luca) ho una vera ossessione per le t-shirt a righe.

 

Cosa possono aspettarsi i ragazzi che vengono ad assistere ad un vostro show?

Muro di suono, volumi alti, rock n’ roll.

 

Un vostro parere sulla scena italiana e suggerimenti per accrescere il movimento underground sempre più affollato; inoltre vorremmo che ci indicaste quali sono, secondo voi, i migliori gruppi italiani del momento.

 

La scena italiana è ancora molto viva, ma purtroppo rimane spesso solo nel sottobosco. Il periodo d’oro della musica indipendente italiana, dove gli exploit in classifica si susseguivano uno dopo l’altro, è finito ormai da tanti anni, l’acme è stato raggiunto con Tabula Rasa Elettrificata dei C.S.I. al primo posto in classifica, era il 1997, una vita fa… Da allora spazio ed interesse del grande pubblico sono calati progressivamente, e le eccezioni, ahinoi, sono rarissime.

Non esiste un suggerimento finché quasi tutto l’interesse e la visibilità sono ad appannaggio di un unico genere musicale, e l’autotune domina incontrastato. Dovrebbe partire tutto da chi la musica la trasmette su larga scala, nessuno vuole rischiare, ci si uniforma alle mode del momento, lo spirito aziendalista si è preso il possesso di tutto.

Sui migliori gruppi italiani del momento devo pensarci un po’, sono ancora legato a doppio filo con tutte le grandi band che sono uscite quando ho iniziato a fare musica, negli anni 90. Tendo ad ascoltare ancora quei dischi, e spesso, colpevolmente, rimango indietro sulle nuove realtà… Ecco, fra le ultime cose che ho ascoltato, vorrei citare l’ultimo dei Karma che sono tornati dopo quasi 30 anni con un disco bellissimo. Rimanendo nella nostra comfort zone, ci piacciono tantissimo tutte le band della nostra etichetta, l’Overdub. Ci sono idee di fondo e qualità ben definite, non ne ho sentita nemmeno una mediocre o con una proposta debole, davvero tante band valide e originali, siamo felicissimi di esserci anche noi.

 

Meglio uscire per un’etichetta discografica (che sìa major o indie) o lasciare l’intera gestione della band in stile D.I.Y. e perchè?

 

Meglio l’etichetta discografica, a patto che rispetti il tuo lavoro e non interferisca. A ognuno il suo!

A noi è andata davvero benissimo sotto questo aspetto, è fondamentale per una band la libertà di esprimersi.

 

Quanto vi hanno aiutato i social network come Myspace, Facebook, Twitter a farvi conoscere e quanto in generale questi strumenti possono aiutare un gruppo a farsi conoscere rischiando però di cadere nella marea di band emergenti che forse abusano di questi mezzi? A tal proposito, quali sono i vostri contatti sui social network?

 

Non abbiamo idea di quanto possano aiutarci i social, essendo all’inizio del nostro cammino. Fino a tre mesi fa le nostre pagine social non esistevano… vedremo più avanti, ma in ogni caso abbiamo un po’ di scetticismo su social e affini, siamo entrambi della vecchia guardia, stakanovisti della sala prove, e ci sembra un po’ tutto una giungla dove si perde tanto tempo a discapito di quello che serve davvero, suonare e scrivere belle canzoni.

Chiaro che i social aiutano per far sapere in tempo reale quello che stai facendo, e il tutto risulta comodo e veloce, ormai è impensabile farne senza.

I nostri contatti social sono:

https://www.instagram.com/latempestagentile/

https://www.facebook.com/latempestagentile

https://www.youtube.com/@LaTempestaGentile

https://latempestagentile.bandcamp.com/

 

Se, fantasticando, poteste scegliere un producer con il quale lavorare, chi scegliereste?

 

Steve Albini, oppure Nigel Godrich, ma potremmo elencarne altri 50.

 

E con quale musicista/gruppo realizzereste invece una canzone (o un remix) assieme?

 

Kevin Shields, vorrei vedere il mio basso passare per la sua pedalboard.

 

Prima abbiamo parlato dei gruppi ai quali vi ispirate di più per il genere che fate. Ora invece vorrei parlare dei gruppi che vi hanno cambiato la vita, anche di tutt’altro genere. Quali sono i vostri gruppi o cantanti preferiti e quali vi hanno spinto a voler diventare musicisti?

 

Fare una lista è impossibile, ci sarebbero davvero troppi nomi. Da bambino mio padre mi ha portato ad un concerto di Vecchioni, ed io ero ipnotizzato dalla band e soprattutto dal batterista. Da lì mi è scattata la molla, volevo a tutti i costi diventare un musicista, quella serata mi ha cambiato la vita.

 

A livello di musicisti, qual è il vostro sogno nel cassetto?

 

Suonare in qualche festival europeo figo.

 

Album (o gruppo) straniero da consigliare ad un amico

 

The Sound, una delle band più sottovalutate della storia.

 

Album (o gruppo) italiano da consigliare ad un amico

 

Come dicevo l’ultimo dei Karma, K3.

 

Album (o gruppo) in cui quale avresti voluto suonare

 

Pink Floyd con Syd Barrett

 

Ultimo album (o gruppo) ascoltato

 

Wire – 154

 

Ultima cosa: lasciate un breve messaggio di saluto che possa anche convincere le persone ad ascoltarvi.

 

Ciao, siamo La Tempesta Gentile, da Reggio Emilia.

Sì, veniamo dal cuore dell’ Emilia paranoica, ma puntiamo all’esplorazione del sistema solare, alla ricerca di altre forme di vita, magari intelligenti. Se volete venire con noi, siete più che ben accetti, seguiteci, sapete dove trovarci.

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