Clever Square, la recensione dell’omonimo disco

Clever Square

Clever Square

Bronson Recoding

 

 

Dietro i Clever Square si nasconde un  animo lo-fi ed eterno, quello dell’indie rock Americano degli anni ’90, portato come vessillo e strategia. Dal garage di Ravenna alla vita bolognese, tanti ep e ora un lavoro dal titolo omonimo. Non un disco autocelebrativo, ma una miscela ben congeniata, trainata dalla scrittura di sfogo di Giacomo D’Attorre, voce e chitarre della band.

Chitarre in modalità minimal stile Settlefish (che scena quella bolognese!), accenni di emo core alla Jets To Brazil già dalla prima traccia, ma anche muscoli emotivi (come nella splendida Denial and The Wizard) e voglia di suonare. Nell’album omonimo uscito lo scorso maggio, i Clever Square dimostrano la loro trazione internazionale e il loro gusto retro’-indie/rock, con approcci guitar oriented che ricordano in parte anche i Lemonheads. Un disco compatto, pieno di arpeggi slow, come nella traccia Endless Herman, che si compone di filastrocche che suonano positive e gustose non solo per noi cresciuti con quella musica e quell’attitudine da loser.

Dentro il disco ci sono brani risalenti al periodo che va dal 2015 al 2017, ad eccezione di un paio di episodi più datati, ma c’è anche un’efficacia risolutiva e senza fronzoli verso una materia musicale priva di eccessi e tutta da ascoltare nella finale malinconia di Fast Food Lovers, esplosione di bellezza da nerd squattrinati amanti degli Eversor e della semplicità, come noi e come i  Clever Square.

 

 

Andrea Alesse

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