Nel buio della notte: Lucio Corsi conquista Rock in Roma

L’ippodromo delle Capannelle, ieri sera, si è trasformato in un parco incantato. Appena si sono aperti i cancelli, una marea di persone ha preso possesso dello spazio, accampandosi sotto il palco e nelle aree dedicate alla musica e al ristoro. L’intero prato di Rock in Roma si è riempito gradualmente, senza frenesia, in attesa del concerto di Lucio Corsi. Un pubblico eterogeneo e difficilmente classificabile, dai meno di 10 ai ben oltre i 60, che sfoggiava con orgoglio magliette di Topo Gigio, o il volto bianco di Lucio, ma anche figure iconiche come Bowie o altre band. Dettagli che rivelano un pubblico curioso, appassionato, affamato di musica vera.

Deve essere stata un’emozione potente per lui emergere su quel palco imponente di fronte a una folla così vasta. Per chi, come noi, lo segue da anni, abituato a vederlo in contesti più intimi, questa improvvisa e crescente ondata di successo aveva generato un velato timore: che il suo universo così unico e puro potesse, in qualche modo, essere alterato o contaminato.

E invece questo concerto ha fugato ogni dubbio, confermando che Lucio, pur con la testa tra le nuvole, è più lucido di tanti altri. Sa volare con la fantasia mantenendo i piedi saldi a terra. Anni di gavetta prima del meritato successo, arrivato con il quarto album, gli hanno permesso di crescere e perfezionarsi lontano dai riflettori più abbaglianti, consolidando uno stile e un immaginario assolutamente personali e coerenti.

Così, da un palco dominato da una scenografia imponente – un gigantesco impianto stereo con maxi amplificatori – Lucio è apparso da dietro una tenda, avvolto nel suo inconfondibile abito di scena dalle spalle a “ali di farfalla”. Con “Freccia Bianca” ci ha spalancato immediatamente le porte del suo mondo fatato.

Oltre ai dodici musicisti sul palco (basso, batteria, percussioni, cori, fiati, chitarre, pianoforte), a popolare la scena è stato un corteo immaginario dei personaggi che popolano il suo universo poetico: capi indiani, animali di ogni specie, ragazze trasparenti, pittori di conchiglie, astronavi, un re dei rave, bulli di scuola, alberi che celano bambini tra le fronde, lumache e marziani.

Il concerto è stato un’esplosione di energia rock, densa e potente, ma al contempo profondamente toccante. Lucio ha saputo incantare alternando cambi d’abito, occhiali da sole e indossando un berretto verde, imbracciando chitarre, suonando l’armonica o sedendosi al piano per narrare le sue storie.

“È il mio primo concerto” si leggeva su un cartello, mentre un altro recitava: “Abbiamo lasciato l’astronave al parcheggio per venirti a vedere”. Alcune bambine alzavano al cielo i loro disegni, sperando che il loro beniamino potesse vederli. Indubbiamente una buona parte del pubblico era recente, composta da chi lo ha scoperto grazie a Sanremo, ma che da allora lo segue con un’attenzione quasi devota. In coro, quasi sottovoce e con estremo rispetto, hanno intonato ogni brano della scaletta.

Su La Bocca della Verità, Lucio è sceso dal palco, ha attraversato le casse per raggiungere una pedana vicina al pubblico, accorciando le distanze imposte da un live di queste dimensioni.

Canzoni senza tempo che potrebbero appartenere al 1969 come al 2050, e sono riuscite con la loro poesia a toccare le corde più intime di ciascuno dei presenti. Non sono mancati i momenti di profonda commozione, come gli applausi scroscianti a metà dell’esecuzione di Nel cuore della notte, un brano eseguito da solo al piano, destinato a rimanere tra i grandi capitoli della musica italiana.

E’ stata forse la vena glam rock a dominare la serata, ma in Lucio convivono armoniosamente generi e influenze diverse. È Peter Pan, un angelo sceso dal cielo, un alieno curioso o un elfo dei boschi. Ma è sempre e soprattutto Lucio. Il suo stile è inconfondibile, il suo universo unico, capace di dipingere la realtà con note nuove, cancellando i confini con la fantasia e aiutandoci a guardare il mondo con occhi migliori.

Lucio si muove con l’aria di un bambino timido, capitato lì per caso, ma con la consapevolezza di chi ha sempre saputo di essere destinato a calcare grandi palchi e a lasciare un segno indelebile tra i nomi che hanno fatto grande la musica.

Un concerto autentico, impreziosito da piccoli imprevisti, lontano anni luce dagli show plastificati e pieni di effetti. Perché la perfezione non è nei concerti patinati e asettici ma in quello che succede quando la musica ti supera, ti attraversa e prende il sopravvento. È in chi, anche sotto i riflettori, riesce a restare persona, riesce a restare artista.

Il concerto è stato lungo, ricco, mai statico. Lucio ha sceso e risalito il palco più volte, con l’energia e l’incanto di un menestrello moderno. Nulla di plastificato o programmato: tutto vivo, vero, anche nei piccoli inciampi. Corsi ha cavalcato l’energia, l’ha condivisa, l’ha lasciata esplodere nei momenti più rock, l’ha fatta vibrare nei passaggi più intimi.

Calmo e irrequieto al tempo stesso, questo folletto maremmano non è mai stato fermo. Ha perso il capotasto, si è fatto mangiare un plettro, finito tra i “denti” della tastiera, ha cambiatp maglietta direttamente sul palco, è salito sulle spalle di Scandroglio e si è gettato tra la folla con la sua armonica. Grande energia, colori vividi, tutto il suo immaginario ha preso corpo davanti a noi, regalandoci un’esperienza irripetibile.

La scaletta, ben bilanciata tra gli ultimi album, ha unito 26 brani e un bis. Due creature del suo bestiario musicale hanno fatto capolino sul palco: la lepre che arriva per prima sulla luna e il lupo che, con la sua bocca, ci salva tutti quanti e che speriamo viva altri mille anni. Una sola cover: “Short People” di Randy Newman, in versione italiana.

Accanto ai suoi fedeli compagni di sempre – Iacopo Nieri (piano), Giulio Grillo (tastiere), Filippo Scandroglio (chitarra), Marco Ronconi (batteria), Filippo Caretti (basso) e Carlo Maria Toller (polistrumentista) – sul palco hanno brillato due coriste, quattro fiati e il percussionista Alex “Pacho” Rossi, arrivato anche lui direttamente da qualche strana favola.

E poi, due ospiti speciali, acclamati dal pubblico come amici attesi a una festa e arrivati solo con un lieve ritardo: il “mitico” Francis Delacroix, con la sua allure vintage e stralunata, che ha scattato da ogni angolo del palco, e l’immancabile Tommaso Ottomano, con cui ha intonato Volevo essere un duro, accolta da un’esplosione di gioia da parte di tutto il pubblico. Un inno per tutte le anime sensibili e per chi non ha mai smesso di sentirsi fuori posto.

Entusiasmo alle stelle anche per Situazione complicata e il brano dedicato a Delacroix, cantato dall’alto dello stereo gigante mentre il fotografo continuava a scattare. Un cortocircuito tra invenzione e realtà. Siamo stati trasportati in un universo libero, dove tutto è possibile e può seguire logiche diverse.

Ciò che emerge con forza da questo concerto, oltre all’energia tangibile, è proprio il senso di sincerità, la libertà di essere ciò che si desidera, sganciati da schemi precostituiti, dalle leggi di mercato, dai grandi numeri delle classifiche e da ciò che si dovrebbe fare per ottenerli. Lucio ha sempre percorso una strada tutta sua. Lo ha fatto con innocenza, coraggio e determinazione. Ha avuto un sogno così grande da aver mangiato il mondo intero per ridisegnarlo a modo suo. E ieri sera ci ha portati lì dentro. Si è seduto al piano per incantarci con le sue storie, con la voce e con la magia che hanno riempito l’ippodromo per due ore.

Parla poco sul palco, eppure comunica con profondissima empatia. Bastano i sorrisi pieni d candore, le introduzioni timide, l’abbandonarsi alla musica. Quell’universo fatto di mondi paralleli e poesia, di creature strambe e libertà, ci ha accolti e non ci ha più lasciati.

Non riesco a immaginare un modo migliore per trascorrere un sabato sera che lasciarsi portare sul meraviglioso pianeta di Lucio Corsi. Un mondo irreale e quindi più vero, fragile e prezioso, che ci ha fatto innamorare.

Grazie di “non essere altro che Lucio”.

Articolo e foto di Ginevra Baldassari

Un grandissimo grazie a Elio Bordi di Daniele Mignardi Promopress Agency

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