Cosmo scende in piazza, Milano risponde

Incuriosito da uno dei fenomeni musicali dell’estate 2016, sopporto volentieri le temperature in lenta discesa che attentano la serata all’aperto, e mi dirigo a Polisuona 2016, spettacolo messo in piedi dagli studenti del celebre Politecnico di Milano. Una gradevole iniziativa che da spazio a band emergenti, durante le ore pomeridiane, e termina poi con le punte di diamante Adriano Viterbini e Cosmo.

Mentre suona il romano Viterbini la piazza si va riempiendo e il bravo chitarrista (oltre che disegnatore di chitarre) sembra apprezzare il calore che trasudano i molti studenti giunti nel piazzale antistante il rettorato dell’Università. Nessun testo cantato e pezzi esclusivamente strumentali che spaziano da composizioni più rock con verve seventies a declamazioni con accenni addirittura tropicali, in cui è la chitarra del leader a dettare i ritmi, mentre le percussioni del simpatico Ramon fanno il resto. Già da un pezzo sulla scena, Viterbini ha fatto tesoro dell’esperienza con i Bud Spencer Blues Explosion, e si ora lanciato in un progetto più ricercato che apprezza tinte musicali tuareg e anche una certa intellettualità di fondo negli arrangiamenti, senza perdere però la sua tenera umiltà.
Dopo il classico stop dovuto al restyling del palco, tocca poi a Cosmo dominatore dell’estate passata a colpi di electro techno flower music, e chi più ne ha più ne metta. L’ultima festa, album nato durante una pausa dal lavoro don i Drink to me, è per il cantante Marco Jacopo Bianchi una piacevole sorpresa con cui si ritrova a riempire di gente i suoi concerti, divertendo e divertendosi. E va bene che il cantato in italiano aiuta non poco nella vendite, ma Cosmo qualcosa dentro la ha veramente, che sia ansia di comunicazione o solo sballo musicale di gruppo. Manco a dirlo, più l’età media si abbassa, maggiori sono i ritornelli cantati a memoria, tra un groove elettrico ballabile e le alterazioni visive che i neon luccicanti impongo al pubblico. Di fronte alla piazza ormai quasi piena, la scenografia di festa prevede l’accompagnamento dei due percussionisti fedeli a Cosmo, giovani e motivati che picchiano batteria innalzando i ritmi del carrozzone guidato dall’artista di Ivrea, ormai brand esplosivo che attrae pubblico di diversa estrazione. Tutti a bordo, quindi. Si parte con la geniale Cazzate e il suo ritmo ipnotico, in cui è il Politecnico il vero gigantesco lunapark scandito da colpi di bassi alla Hot Chip e tasso alcolico che sale con i giri vocali del Cosmo nazionale. Regata 70 la apprezzo per lo spirito vintage, mentre Le voci spinge il cantante giù dal palco con stage diving e ritorno in superficie con lungo intermezzo ballabile. I beat scorrono poi con dicembre e gli sfigati del carrierismo, raggiungendo maggiore dinamicità con L’altro mondo, pezzo furbo con contro voce femminile e ritornello gaudente. Stretto ormai tra erasmus in evidente stadio di alterazione da serata del giovedì, resisto e attendo il finale dello show in cui Cosmo utilizza il suo consolidato modus operandi. Dietro alle note di L’ultima festa e i lunedì di festa (e si, l’ossessione per la festa è presente), troviamo la gente a riempire il palco, la macchina spara coriandoli e lo strano personaggio che la conduce, proveniente da un set di un video dei compianti Beastie Boys. Ora ho capito di cosa parlava Cosmo quando ammiccava al nazional popolarismo.

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