Salmo World Tour a Bologna

Quando le luci si abbassano e la platea sussulta, si capisce subito che non sarà una serata “pacata”: Salmo entra sul palco come un uragano, energia e tensione pronte a ribaltare l’atmosfera del palazzetto. Fin dai primi accordi si percepisce la volontà di giocare sul contrasto: pezzi esplosivi che si alternano a momenti più raccolti, spazi in cui il rapper mette a nudo le sue introspezioni. La scaletta – che segue uno schema rodato già visto a Firenze, Eboli e Roma – non è un mero “best of”, ma un racconto costruito con cura, con crescendo e pause che servono a dare respiro al pubblico e a Salmo stesso.

E a Bologna, l’Unipol Arena sembra essersi trasformata in un unico organismo pulsante, un’unica massa che reagisce al suo ritmo. Il suono è pieno, spesso potente ma senza cadere nel caos tecnico: la resa musicale riflette l’equilibrio già registrato altrove, dove band, basi elettroniche, arrangiamenti e voci convivono con buon mix. Tuttavia, ciò che rende speciale questa data è il modo in cui Salmo sembra “abbracciare” il pubblico: non è soltanto una performance, ma una chiamata all’azione. Le strofe più note vengono accolte da cori imponenti, i momenti più intensi generano mosh controllati, e nei passaggi più dolci – quasi acustici – il silenzio anticipa l’esplosione dei cori.

Lo spettacolo scenico conferma che siamo ben lontani da un concerto qualsiasi. I visual si innestano nei brani, diventano parte del racconto, con immagini che richiamano i temi di Ranch, ambientazioni che oscillano tra il deserto e il distopico, scorci cinematografici che ampliano l’esperienza dal mero suono alla dimensione visiva. Il palco sembra muoversi, non è un semplice fondale statico: luci, fumi, LED mobili, aperture di schermo che si fondono con il corpo dell’artista. In questo senso, la tappa bolognese conferma la “formula vincente dei due concerti in uno” che Salmo aveva già sperimentato nel tour, alternando momenti aggressivi a passaggi più meditativi.

Ma la vera forza è la continuità: non senti la sensazione che qualcosa “manca” rispetto alle altre città. Nonostante le dimensioni dell’arena e l’enorme platea, l’intimità della performance non si perde. È esattamente questo il salto che Salmo sta mantenendo: capacità di scalare i palchi grandi senza perdere quel senso di contatto con il suo pubblico più fedele. In confronto, le tappe di Eboli o Firenze erano forse più “avvolgenti” per la dimensione ridotta, ma qui c’è un’altra tensione, quella del “riempire lo spazio” mantenendo il fuoco.

Se dovessi scegliere un momento che resterà nella memoria della serata, è il finale: il pezzo che chiude con carica e la sua firma, quando ormai il pubblico è già “carburato”, quando le luci si sfasano dai LED al buio, quando la pelle d’oca è inevitabile. In quei istanti capisci che il live non è furia fine a sé stessa, ma costruzione di un percorso che prende, sfida, coinvolge e infine lascia un segno.

In sintesi: la tappa di Bologna non tradisce le promesse, anzi, le eleva. È il punto alto del tour italiano finora, una conferma che l’idea di Salmo come performer da palazzetto è non solo credibile, ma in pieno vigore. Un’esperienza che ti lascia stordito – in senso positivo – e che, probabilmente, ti farà ricercare ogni dettaglio rimasto nei tuoi occhi e nelle orecchie per giorni a venire.

 

Un ringraziamento speciale a Allegra di Goigest e Marcella di Studio’s

Testo e Fotografia a cura di Ivan Elmi

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