Superorganism, un organismo multiforme che fa innamorare di sè il Circolo Magnolia

Alla voce “cool” del vocabolario della lingua italiana viene precisato che con questo termine si indica ciò  “che riscuote meraviglia e approvazione”.

Ebbene, credo da ieri sera, il dizionario debba essere ampliato, indicando una sola parola: Superorganism.

Finalmente a Milano, dopo la data bolognese in cui le magliette e i vinili sono andati più che a ruba, ecco il collettivo dei pazzerelli artisti di stanza a Londra che arriva per farci meravigliare (è il caso di dirlo) col loro set multicolore. Puro divertimento, in una serata dove non ballare sulle loro note è un insulto all’intelligenza, e in cui il concetto di divertirsi insieme al gruppo che si esibisce è un’idea chiara e senza via di uscita.

Capitanata dalla gigante personalità della giapponese Orono Noguchi, classe 2000 ma identità da vendere, la band nata per caso su garage band porta al Circolo Magnolia quell’animalità da nerd che si ciba di alternative elettro-pop, e che mastica identità digitali e design da mappatori del mondo HTML, in una meraviglia di suoni sintetici che mettono in gioco il loro omonimo album capolavoro. Sembra di essere in un artefatto mondo di indie pop losers amanti di Napoleon Dynamite e Nutella, in cui il puro divertissement è diventato un brand da esportare live, con tanta voglia di giocare. E si, perché l’inglese play, non vuol dire solo suonare, ma anche giocare e divertirsi. E questo i Superorganism lo sanno bene, articolandosi sul palco come nella loro comune abitazione. Senza gerarchie, ma con capacità.

Due corsiste alla The Pipettes, a cui si affianca il coreano Soul (dicono che li segua da Sidney e non da Londra, incredibile), una batteria a tono, maschere alla Flaming Lips e gente che può arrivare sul palco a cantare con loro in qualsiasi momento. Questo è il loro mondo dal vivo, dietro al quale scorrono le immagini in super 8 di skaters incappucciati e di visual pregni di materia retrò da Commodore 64. Una festa fatta in casa come un in live su di un palco in Europa, con ingresso principale dalle note di pezzi da  ballare e cantare come everybody wants to be famous e Nobody Cares.

Non ci importa, canta la crew dei Superorganism, dopo aver espresso il suo amore per l’organismo multiforme che hanno creato nell’iniziale sprorgnsm. Un atteggiamento positivo governa tutta la loro scena, intenta a dichiarare guerra alla noia e al grigio cielo londinese, con la caparbia fiducia nel ritornello di It’s all good, tra una danza al dolce gusto di art pop e un salto in aria che gli stessi propongono al pubblico (naturalmente divertito e partecipativo).

Il botto arriva con il magnetismo di something for your m.i.n.d., una traccia di classe e divertimento, dove il non sense moderno accarezza la nostra attitudine da nerd.

Avete capito ora il discorso iniziale del “cool”?

Grazie a RADAR Comcerti, sininomio di grande capacità.

Andrea Alesse

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