L’angolo di Chains Press and Promotion episodio 2: Spleeners e Slowtide

Secondo episodio e nuovi gruppi da scoprire, tra sonorità diverse e sfaccettature che cambiano, ma con la stessa passione musicale. Chains Press rules.

Autori: Spleeners
Album: A storm from a butterfly
Autoproduzione

La storia è nota, ma ogni volta suscita scalpore: un battito d’ali di una farfalle provoca un uragano dall’altra parte del mondo. L’amplificazione a portata di mano, con melodia e retrogusto pop per fare di questa teoria il motto della propria band. Gli Spleeners ci provano con un disco uscito lo scorso marzo, condito da un artwork futurista e un piglio indie pop che parte da Milano e dalla vecchia scena anni 90 della Casa 139. Chissà se i nostri l’anno frequentata, e chissà se il loro manifesto contro il logorio della vita moderna passa attraverso l’imprevedibilità alla Yuppie Flu che Second Circle mette sul tavolo tra chitarre catchy e rullate di batteria. Acustici in Freak Show, i quattro metabolizzano il verbo del cantato in inglese e le melodie come manifesto d’essere, utilizzando le tastiere per dare indefinitezza a canzoni che sono molto autobiografiche (a Place to belong). Dopo la divertente Burn Up The Flag, pronti alla profondità di Final Season scandita da un ritornello di chitarra blues elettrico. In piedi dal 2012, mostrano ora professionalità e purezza nel suono, con voce chiara e mentalità decisa, pronti per una nuova stagione delle farfalle.

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Autori: Slowtide
Album: Slowtide
Etichetta: Prismopaco Records

Gli Slowtide sono mbizioso progetto, me n’ero accorto anche al loro live nel magico venerdì sera del Linoleum. Una macchina da guerra per atmosfere sognanti e pop spalmato tra l’indietronica e il trip hop, con alle spalle l’elettronica che utilizza laptop e synth per comunicare la propria musicalità. Non sono da meno i ritratti scenici che utilizzano la doppia voce, sfruttando appieno l’equilibrio della singer Annalisa Bosotti, beata in mezzo a quattro maschietti che sull’asse Milano Torino Novara spadroneggiano in sella a beat ben mixati. Il freddo di Alaska diviene materiale già segnato dalla contemporanea mastria di Veyl, impreziosito per gli Slowtide da chitarre da sottofondo e atmosfera lisergica. Dopo l’intensa traccia, invece, il baricentro soul electro prende piede in C.Y.S., canzone che è preda di ricordi kraut. Più amplificata risulta poi Knights, arricchita da back vocals nordiche (sentite gli attualissimi e bravissimi islandesi Vok) e tagli angolari di sintetizzatori che esplodono nel coro vocale. Trip hop rallentato e ritmi pietrificati di Goldfrapp memoria fanno il resto nelle successive tracce, curate da una registrazione che guarda all’eletronica minmal e alla sua ricerca di particolari, con attrazioni da maniaci dell’ambient. Caves diviene così più sperimentale, mentre è l’ultima traccia degli Slowtide a lasciarci soddisfatti, alla ricerca di una nuova canzone sulla quale spingere a rallentatore i nostri battiti elettronici.

Testo a cura di Andrea Alesse

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