Ufomammut, prove tecniche di immortalità con 8

Ufomammut
8
Neurot

UFO sta per U(nidentified) F(lying) O(bject) , mentre MAMMUT per italian for mammoth. In arte, gli UFOMAMMUT, trio che spaccia sonorità doom metal imponendo all’ascoltatore di leccarsi le ferrite ogni volta che attiva il tasto play. Meglio se in vinile, considerato che l’artwork di ogni lavoro è curato dal collettivo Malleus, du cui due dei tre Ufomammut fanno parte.

Recentemente hanno anche dato vita ad una serata speciale in cui erano in mostra le copertine e i disegni originari die loro album, capolavori di ancestrale ambiguità umana che fanno da preludio all’ultimo disco, 8.

Un nome secco, per un gruppo solido e spettacolare nelle bordate e negli arrangiamenti, stretti tra un mastoodontico (passatemi il gioco di parole) doom metal e una matematica stoner rilanciata dietro ad un potente raggio di percussioni.
Atteggiamenti anti divinatori e tanta concretezza, per i capisaldi di un genere che in Italia ha poi generato Morkobot e amici di ciambotte notturne con chiodo e headbanging facile. 8 non tradisce e subito è stordito da un fervore stile Neurosis che rilancia poi effetti vocali e danze macabre di droni spaziali. Babel è dunque l’inizio del percorso di un album che assapora gli Ufomammut cresciuti e mai sazi, per 8 minuti e 22 secondi di prediche sensoriali e stati d’alterazione. Una goduria anche dal vivo al release show milanese della Santeria, dopo è poi arrivata la battaglia di Warsheep e del suo alert causato da una voce che si sperde verso le derive del grand canyon umano.

Gli Ufomammut usano simboli e musica per comunicare, e non importa quale sia la canzone, perché anche 8 è un album che puoi considerare come un’unica grande traccia, che traina per esempio il brano Fatum verso la discesa finale di Prismaze, per poi ricordarci della tradizione più metal in Core.

E se fuori confini gli Unsane sono venerati, lasciatemelo dire, noi abbiamo i nostri punti di riferimento con gli Ufomammut.

Andrea Alesse
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