The Zoids, “Void Dimension” e chitarre fluide verso chissà quale domani

Autore: The Zoids

Album: Void Dimension

Label: MiaCameretta Records

 

Avete voglia di tuffarvi in un mare di suoni power garage e sentire anche delle sensazioni emorock sulla vostra pelle?

I tre The Zoids sono quello che fa per voi, con il loro primo full lenght calibrato e, a modo loro, anche romantico. Da Sora (frusinate uber alles con gente tosta tipo Gozzilla e le tre bambine coi baffi) e con ex membri di At The Weekends, i ragazzi mettono su un disco intenso e mai stucchevole, per 27 minuti che spaziano da suoni molto inglesi (The Kooks prima specie) e attacchi di accordi power alla The Futureheads.

Chitarre assolate sin dalla prima traccia, la titletrack in cui ci si cosparge di tempi punk rock (basso Lazio è territorio dei Senzabenza, non ve lo scordate) e animo twee-rock con cori e sospiri che intonano ritornelli precisi che scorrono velocemente, senza fronzoli.

La successiva Canches corre via come una ballad di Manchester, mentre Lex è sempre pronta a ricordarci di scene anni ’90, ben interpretate da un gruppo che sembra divertirsi e apprezzare le proprie virtù di rockers.

Da non perdere, sicuramente, è l’approccio di Waiting sun, fatto di poche parole e ritmi sognanti, per una musica che pochi in Italia ancora fanno loro (i Manetti! per esempio), col piglio alla The Get Up Kids e i chitarroni che si perdono lungo la strada.

Le liriche seguono in tutto l’album un tempo molto fluido, così come la freschezza di un cantato in inglese che non si decolora mai lungo le otto tracce che i The Zoids hanno disegnato per costruire piacevolezze e sinossi anche di tipo pop, con la traccia Nobody Says che lascia una porta aperta verso un possibile futuro. Un tempo futuro cha ama cantare le incertezze con ugole felici di stampo pop-punk.

Ben trovati, ragazzi.

Andrea Alesse

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