Di mostri, fame e alternative rock. Vi presento gli Addio Proust

Autore: Addio Proust
Album: Io non ho mai perso il controllo
Etichetta: Red Cat Records

Ossessioni a forma di cetaceo e immaginazioni psichedeliche rock. Aprite le orecchie agli Addio Proust, nome curioso di un trio fiorentino che ha in sé la carica di un alternative rock cantato in italiano con digressioni letterate al seguito. Attivi dall’aprile 2015, sono prodotti dall’energia della coinquilina etichetta cittadina Red Cat Records, e danno alla luce Io non ho mai perso il controllo. Dodici tracce di puro, sanguigno e affamato trend di rock indipendente italiano molto in voga all’inizio degli anni 2000, ma ancora contemporaneo e riadattato da Mattia, Marco e Martina, con bella grafica di Francesca Sandroni al seguito e curiosi atteggiamenti figli di un basso urticante e di una batteria pulsante, come nella trama di Bove.
E proprio alla batteria, una dei rari casi di donne che si cimentano con il rumore dei pedali e della grancassa (Massimo Volume docet), ulteriore attestato di stima per un mondo rock spesso popolato dai inutili cliché maschisti. L’album è pura suggestione, come tramandato dalla ricerca di testi che ha inizio da A.P., prima traccia a cui fa seguito un pezzo figlio degli Afterhours di Hai paura del buio, vedi le linee vocali di Macello.
In Pesci ci si abbandona alla melodia, in onore di un amore per esseri viventi silenziosi e umani come i citati animali marini, trasportati in una specie di ballad dal cuore acustico, riproposta poi con Sulla Coda di Novembre, dove Perturbazione e tradizione di rock del giglio siedono accanto a giocare a carte con toni meno potenti. Ma gli Addio Proust non possono dimenticare i loro probabili ascolti giovanili, riadattando una canzone, Ascessi, ad una urlante trasferta verso le sonorità grunge distorte e amiche di un noise italiano mai abbandonato da chi si sente ancora legato, giustamente, ai propri maestri sonori (anche marleniani, chiaramente). Segue lo stesso ritmo psycho la dinamicità di Virus, con bella traccia di chitarra meno spensierata e tanta forza espressa.
Il loro meglio, però, gli Addio Proust, lo danno quando si parla di animali. E così, la pelle di Insetti richiama la ricerca nella composizione metaforica e le esperienze biografiche, con una traccia quasi raccontata. Chiude la trazione sentimentale di Alieni, sicuro arrivederci in attesa di quel caffè, rigorosamente in appartamenti di periferia.

Testo a cura di Andrea Alesse

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