Marracash live allo Stadio Olimpico: il rap per quelli che pensano

Con questo tour 2025 Marracash sta portando il suo primo live negli stadi. Abbiamo assistito all’esibizione di ieri sera allo Stadio Olimpico di Roma, in ttta la sua potenza. Annunciato da un trailer che era un piccolo film, questo progetto ambizioso si è rivelato più interessante e complesso delle aspettative. Non è stata una celebrazione, ma una messa in scena radicale. Niente retorica, nessuna autocelebrazione. Solo un racconto denso e inquieto, costruito con cura, rigore e visione artistica.

Sul palco dell’Olimpico, accompagnato da una band, otto performer e una scenografia industriale e distopica, Marra ha dato forma a un concerto che somigliava a una pièce teatrale o a un film, oltre a uno show musicale. Al centro, il dialogo con una voce sintetica – interpretata da Matilda De Angelis – che lo interrogava, lo metteva in crisi. Domande schiette, scomode a cui Marracash ha risposto senza parole, solo con i suoi brani.

La scaletta ha attraversato la sua “Trilogia” – Persona, Noi, Loro, Gli Altri, È finita la pace – come un’unica drammaturgia sull’identità contemporanea. Nessuna hit facile, nessun bis, poche parole per i ringraziamenti. I corpi dei danzatori – diretti da Luna Cenere – hanno arricchito la narrazione, illustrando, disturbando, amplificando il disagio che le canzoni portavano in superficie.

Madame, ospite fissa del tour, ha interrotto la tensione solo per intensificarla nel duetto di “Anima” e poi da sola con“Per il tuo bene”, un momento toccante e lontano dall’estetica della serata. Cn la forza e la delicatezza che la contraddistinguono, ha portato un altro modo di proporre testi di spessore con la sua voce che si fa ora materia ora vertigine.

Madame, ospite fissa del tour di Marracash, è stata una presenza discreta eppure dirompente. È salita sul palco con la naturalezza di chi sa già che il suo contributo non sarà solo un momento musicale, ma una parentesi poetica. Ha interrotto la tensione solo per amplificarla, innestando un’altra forma di profondità.

Con la sua voce che si fa ora materia ora carezza, ha riportato al centro l’essenzialità della parola. Non ha bisogno di gridare per farsi sentire, portando in dote la forza disarmante della fragilità consapevole. Il suo è un altro modo di abitare la scena, di proporre testi di spessore: con grazia, intensità, e quella tensione che non ha bisogno di effetti speciali per lasciare un segno.

Marracash non cerca il consenso, ma lo sguardo. Non vende emozioni, ma invita a pensare. In uno spazio concepito per l’esplosione, sceglie la sottrazione. E dimostra che il rap può abitare lo stadio senza perdere profondità, diventando – finalmente – arte adulta.

Articolo e foto di Ginevra Baldassari

Ringraziamo Ilaria e Giulia di Words for You

 

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