Mai Mai Mai e Φ (Phi): la visione oltre gli stati di coscienza

Autore: Mai Mai Mai
Disco: Φ (PHI)
Etichetta: Boring Machines (LP) e Not Not Fun (cassetta)
Artwork: Legno

Un piccolo culto della scena psichedelica italiana e non solo. Mai Mai Mai è essenzialmente un viaggiatore che mette a repentaglio la salubrità mentale dell’ascoltatore a colpi di genio musicale e trance ipnotica, con attenzione a particolari scenici importanti. Dietro il curioso pseudonimo si cela Toni Cutrone, viaggiatore vero, oltre che musicale. La sua storia infatti è quella di un uomo nato in un’isola dell’Egeo da padre marinaio, che si trasferisce poi nel ruvido porto di Crotone, la culla dell’antica civiltà pitagorica. E il concetto di porto, con i suoi andirivieni tumultuosi e gli incontri fortuiti di etnie e modi di vivere, è anche la culla della traiettoria visiva musicale del nostro artista, impegnato a traslare in musica la visionaria alterazione dell’incontro/scontro tra culture e civiltà. Una viscerale e immaginaria composizione fatta di suoni strumentali elettrici che incrociano noise, ambient, drone e field recording, ancora più impegnata dal vivo, quando Mai Mai Mai suona incappucciato e una candela si spegne lentamente al suo fianco, mentre dietro scorrono datate immagini che potremmo attribuire ad un qualsiasi studio di antropologia (pescatori calabresi, rituali siciliani, scene di vita della provincia pugliese). Dopo Theta e Delta, con in mezzo Petra, la trilogia cutroniana termina con l’ultimo lavoro: Phi. 38 minuti e 38 secondi di racchiusi in sei tracce e nell’artwork dello studio serigrafico Legno (andate sul sito per vedere i loro lavori, please), in cui si metabolizza la visione della tradizione al culmine di un viaggio che passa inevitabilmente dal mare, luogo cruciale per il simbolismo che proviene dalle note del disco uscito lo scorso ottobre. Ritualità che scorre lungo poesie visionarie, a stretto contatto con pulsazioni elettroniche e technoidi, lungo una forma canzone sempre meno marcata, ma sempre più significativa.
La voragine sonora ha inizio con la messa in scena della registrazione delle voci ovattate in Nuktipolois, mischiata con echi sonori tradizionali e l’incandescente elettrica macchina da suono di Mai Mai Mai. Il crescendo dei suoni strizza l’occhio ad una composizione in cui riecheggia il folklore malato impregnato di macchinazioni celebrali che vengono da lontano, facendo da preludio all’apparente calma di Maglois. Continua la registrazione sul campo, e continua la spirale psichedelica persa lungo il sentiero di groove esoterici in un alto/basso che poi si accende voracemente. Bakkois ha invece è costruita intorno alle onde vocali di una silente comunicazione elettronica, simbolo di una possibile resa ad un naufragio, ma anche lento ripetersi di incomunicabilità umane. Torna a picchiare più forte Lenais, tecnoesposizione di un canto popolare che viene da lontano con indecifrabili raffigurazioni al seguito. La successiva Mustais sa di orologi che girano al contrario in un ipotetico campo di gravità distorto dalla sicurezza della music machine dell’artista italiano. Chiude Akea, con la comparsa del gong suonato da Lino Capra Vaccina, solido personaggio con alle spalle tutta l’esperienza di Aktuale e Telaio Mangnetico. È il trionfo di una fascinazione industriale che apre alla scomparsa della nota classicamente intesa, in onore di un ritmo offuscato e eretico. È Mai Mai Mai, è il nuovo profeta.

Testo a cura di Andrea Alesse

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