Luke Sital-Singh: intervista al cantautore inglese dal taglio soft-rock

Voce delicata, penna convincente e musicalità, oggi vi portiamo alla scoperta di Luke Sital-Singh, in arrivo a Milano il 16 marzo

A volte l’inverno si camuffa da primavera, ci regala qualche giorno di sole prima di tornare a gettarsi su di noi con temperature rigide e pioggia. Quei pochi giorni di sole ci sembrano un’illusione, un inverno mascherato che poi si svela e ci trascina di nuovo al freddo. Questo è il significato di Fool’s Spring, il titolo del nuovo quinto album del cantautore inglese Luke Sital-Singh e incarna alla perfezione quel retrogusto dolce-amaro che una primavera mancata può avere.

Il nuovo album è uscito il 21 febbraio 2025, con 11 tracce interamente autoprodotte, e racconta di un viaggio complesso che attraversa la Pandemia, la distanza dai propri amici e familiari, e molte altre difficoltà che il cantautore ha dovuto superare. Ma quest’album è testimonianza anche di un viaggio fisico, infatti racchiude le sensazioni che Luke Sital-Singh ha vissuto durante il suo trasferimento da Bristol a Los Angeles e il suo ritorno a casa dopo anni.

Attraverso questa intervista speriamo di farvi conoscere un po’ meglio non solo l’artista ma la persona dietro l’artista.

1) Il 21 febbraio è uscito il tuo quinto nuovo album: Fool’s Spring con 11 tracce autoprodotte che possiamo dire abbiano lo stesso sapore dolce-amaro degli ultimi anni. Cinque anni fa hai lasciato Bristol e ti sei trasferito a Los Angeles per poi affrontare diversi ostacoli, come la Pandemia e la distanza dalle persone che amavi. Quanto ha influito questo momento difficile nella produzione del nuovo album? La scelta di auto-produrre i brani, senza scadenze e a mente libera, che effetto ha avuto sul tuo processo creativo?

Gli ultimi anni hanno sicuramente plasmato Fool’s Spring. Trasferirmi da Bristol a LA, e poi affrontare l’isolamento della Pandemia mi ha fatto riflettere molto sulla distanza, sia fisica che emotiva. Quel sentimento dolce-amaro è ovunque nell’album. È stato un periodo di incertezza ma anche chiarezza.

Auto-produrre mi ha dato completa libertà, che è sia un dono che una sfida. Lavorare senza scadenze mi ha permesso di lasciare che ogni canzone avesse i propri tempi, di sperimentare e fidarmi del mio istinto. Mi ha dato modo di non avere pressioni esterne, però mi ha anche obbligato a essere paziente con me stesso e ascoltare più attentamente ciò di cui le canzoni avevano bisogno. Alla fine, credo che questo ha reso l’album più personale e intimo.

2) Fool’s Spring è un titolo interessante. Tu stesso hai detto che si tratta di una finta primavera, un inverno travestito che poi si toglie nuovamente la calda maschera cogliendoti di sorpresa, facendo tornare al freddo e al buio. Come mai hai scelto questo titolo così simbolico? È un concetto che ritroviamo anche nella copertina dell’album?

Fool’s Spring è la promessa di un calore falso, il momento in cui pensi che l’inverno sia finito ma torna il freddo. È una metafora per la speranza che arriva troppo presto, la sensazione di stare andando avanti per poi realizzare che non è vero. Quel sentimento è presente in molte canzoni, un tira e molla tra l’ottimismo e la realtà.

La cover dell’album gioca visivamente con questa idea: a prima vista sembra invitante, ma se si guarda più da vicino si percepisce un senso di disagio, un accenno al fatto che le cose non sono esattamente come sembrano.

 
Copertina Fool's Spring
Copertina Fool’s Spring

3) Il trasferimento da Bristol a Los Angeles quanto ha inciso sulla tua musica? Ci sono nuovi elementi che dopo gli anni negli USA senti di aver introdotto nel tuo stile?

Trasferirmi a LA ha sicuramente cambiato il modo in cui scrivo e produco. Bristol aveva questa affiatata e malinconica atmosfera, invece LA è vasta, ramificata, c’è questo strano mix di isolamento e possibilità. Credo che si senta nel suono dell’album. C’è più spazio per l’arrangiamento, lascia che gli elementi respirino. Inoltre, essere circondato da tanti musicisti diversi in LA, mi ha spinto a sperimentare di più. Mi sono trovato più vicino ai toni più caldi, alle texture più organiche, mantenendo comunque lo stile malinconico che è sempre stato presente nella mia musica.

4) Il disco è stato registrato agli Echo Zoo di Eastbourne, un luogo importante per te, dove hai registrato la tua prima musica. Perché hai scelto di tornarci?

L’album è stato registrato principalmente nel mio studio a Londra ma ho fatto una giornata a Echo Zoo dove ho registrato la maggior parte del piano e degli archi che si sentono. Molti dei miei ricordi sono collegati a Echo Zoo. È dove ho iniziato, dove ho imparato a creare canzoni in uno studio. Tornarci è stato come chiudere un ciclo ma allo stesso tempo iniziarne uno nuovo. Volevo quella familiarità, quel senso di appartenenza, soprattutto dopo gli ultimi anni pieni di cambiamento.

C’è qualcosa in quel posto, nel modo in cui il suono si sente, nell’energia delle pareti… e sembrava giusto per l’album. Mi ha permesso di connettermi alle mie origini e andare comunque avanti.

5) Parlando degli inizi della tua carriera. C’è stata un band o un artista che più di chiunque altro ti ha fatto amare la musica o ti ha fatto capire che fare musica era quello che volevi nella vita?

Ce ne sono stati molti, ma se ne dovessi scegliere uno solo sarebbe Damien Rice. La sua musica mi ha colpito in un modo che mi ha fatto realizzare quanto potenti potessero essere le canzoni, non solo per intrattenimento ma come qualcosa che ti entra dentro e che ti plasma. È stato in quel momento che ho capito di voler scrivere musica che facesse sentire alle persone qualcosa di vero.

6) Tra le 11 tracce del tuo nuovo album, Cruel World è quella con il testo più malinconico, una lettera densa di significato. La canzone è delicata ma potente nello stesso tempo e parla di un mondo crudele in cui cercare un piccolo angolo, un rifugio insieme al proprio figlio. Cosa l’ha ispirata se ti va di raccontarcelo?

Cruel World è arrivata da una parte molto profonda di me. Diventare padre ha cambiato il modo in cui vedo tutto. Il mondo può sembrare schiacciante, caotico, anche duro a volte e da genitore vuoi solo creare un piccolo spazio in cui tuo figlio possa sentirsi al sicuro.

La canzone è una lettera, da una parte una ninnananna e dall’altra una confessione. È un mix tra amore e paura, tra il peso della responsabilità e la speranza che anche in un mondo difficile si possa creare qualcosa di gentile e significativo.

7) In I’m still young , prima traccia dell’album, racconti che oggi “non sei più così vecchio come sei stato in passato”, è così? Quanto senti di essere cambiato dopo gli ultimi anni? 

Quella frase gioca con la prospettiva. Crescere non riguarda solo il tempo che passa ma è come vedi te stesso. Ci sono giornate in cui mi sento vecchio e altre in cui penso di aver cominciato da pochissimo.

Gli ultimi anni mi hanno cambiato tanto. Ho dovuto rallentare, riflettere di più. Credo di essere diventato più paziente, più consapevole di ciò che conta davvero. Ma allo stesso tempo c’è ancora il me ragazzino che sta cercando di capire come vivere la propria vita.

8) Nell’album troviamo anche un brano realizzato con Lisa Hannigan, come è stato collaborare con lei?

Lisa è incredibile. Ho ammirato la sua voce e il suo cantautorato per anni, quindi averla nell’album è stato un sogno. La sua voce ha una forza fragile che può essere sia confortante che incalzante.

La collaborazione è andata benissimo. Ha capito immediatamente la canzone e il modo in cui cantava le sue parti ha creato sfumature che non sapevo fossero lì. È stato uno di quei momenti in cui tutto va al suo posto con un click.

9) Il 16 marzo sarai a Milano al Biko Club per una tappa del tuo tour. C’è una data in particolare per cui sei emozionato tra le 12 in programma?

Onestamente ogni data di questo tour è emozionante a suo modo. Ogni città ha la propria energia, e adoro vedere come le canzoni si connettono con il pubblico. Non faccio un tour in Europa da un po’ di anni quindi sono contento di tornare e visitare quelle incredibili città di nuovo.

Luke Sital Singh a Milano
Luke Sital Singh a Milano

10) Qual è il brano a cui sei più affezionato di questo nuovo album e che non vedi l’ora di cantare dal vivo?

Questa è una domanda difficile perché ogni canzone ha la sua storia e il suo significato per me. Ma Cruel World è particolarmente speciale. È una delle canzoni più personali dell’album e credo che cantarla live gli darà un’altro tipo di significato emotivo.

11) C’è un cantante o una musicista con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?

Ce ne sono così tanti! Se dovessi scegliere, mi piacerebbe lavorare con qualcuno come Adrianne Lenker. Sono attratto dagli artisti che creano un’atmosfera unica con la loro musica, sia con la voce che con lo stile di produzione o con il modo in cui scrivono. Adoro anche le collaborazioni inaspettate, quelle che mi fanno uscire dalla mia comfort zone e portano qualcosa di nuovo al mio suono. Quindi sono sempre pronto ad andare ovunque la musica mi porti.

12) Stai lavorando a nuova musica? Hai nuovi progetti in mente per questo 2025 appena cominciato?

Ora mi sto concentrando sul tour e sul dare vita a Fool’s Spring sul palco. Ma scrivo sempre, raccolgo sempre idee. Ci sono delle nuove canzoni che stanno prendendo forma e ho alcune idee per un progetto futuro, ma sto cercando di svilupparlo molto naturalmente.

Il 2025 porterà con sé sicuramente nuova musica, magari un altro album, magari qualcosa di diverso. Non mi piace affrettare le cose, ma adoro l’entusiasmo di scoprire dove le prossime canzoni mi porteranno.

Il 16 marzo saremo presenti all’unica tappa italiana del tour di Luke Sital-Singh al Biko Milano e vi racconteremo i dettagli della serata come sempre.

Nel mentre ringraziamo Laura Breschi di Ja.La Media Activities per averci innanzitutto fatto scoprire il talento di Luke Sital-Singh e per averci dato l’opportunità di intervistarlo per scoprire di più su di lui e sulla sua musica.

 

Intervista a cura di Alessia Barra
Traduzione a cura di Sofia Cutuli 

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