Intervista a Senhit: l’autenticità che rende grande un artista

Senhit prima di essere un’artista di fama internazionale, è una persona profondamente appassionata di musica, tanto da considerarla una terapia nella vita. Conosciamola meglio.

Spesso ci si chiede quale sia l’elemento differenziante quando si tratta di cantanti. Si ascoltano le loro canzoni, si guardano i loro videoclip, si assiste ad un loro concerto e ci si domanda cosa della loro voce o della loro esibizione ci rimarrà dentro, cosa più di qualsiasi altra caratteristica ci farà ricordare di loro. Il talento? L’aspetto? Lo stile? Il modo di muoversi sul palco?

Io sono riuscita a rispondere a questa domanda mentre parlavo con Senhit, un’artista che è riuscita a portare la sua musica, la sua voce e i suoi colori in tutto il mondo. Sapete qual è la risposta che è emersa dentro di me mentre la ascoltavo? Autenticità.

Un artista autentico sa chi è, si mette in gioco senza il timore del giudizio altrui, fa ciò che fa per passione e non per un tornaconto. Ecco cosa distingue tra di loro gli artisti: quanto riescono ad essere autentici, la loro capacità di non farsi plasmare dal mercato musicale, dalle aspettative altrui o dalla pressione della fama. E se dovessi descrivere Senhit con un solo aggettivo, sarebbe proprio autentica.

Parlare con lei è stato come scambiare due parole – forse un po’ di più di due – con un’amica, con una persona che ama ciò che fa, che non lo considera un lavoro ma una passione, che non riesce ad immaginare la sua vita senza musica.

Spero che leggere questa intervista vi permetta di affacciarvi un po’ di più nel colorato ed energico universo di Senhit tanto quanto sono riuscita a calarmici io chiacchierando con lei.

La tua energia è la prima cosa che colpisce chi ti ascolta e ti guarda: dai tuoi video e dalle tue live traspare una forte identità musicale e artistica e il tuo saper vivere la musica con tutto il corpo, sentendola dentro di te.

Sappiamo che hai cominciato la tua carriera facendo musical, quanto questa esperienza ha influito sul tuo modo di trasmettere la musica non solo con la tua voce, ma con tutto il tuo corpo? Per te fare musica vuol dire ancora oggi dare vita ad uno spettacolo?

Per me fare musical è stato molto importante, anzi fondamentale e arricchente. Mi ha dato la consapevolezza sul palco di riuscire a muovermi in grande libertà. Il teatro e l’esperienza con Massimo Ranieri mi hanno aiutata moltissimo. Lo spettacolo deve esserci, un’esibizione dal vivo deve dare qualcosa in più a chi guarda, deve sempre essere uno spettacolo, altrimenti tanto vale ascoltare una canzone alla radio o in cuffia. Ancora oggi il mio obiettivo è creare sempre uno spettacolo, raccontare la canzone con il corpo. Io stessa mi aspetto questo quando vado ad un concerto di altri artisti.

Da sempre ami la musica, ma quando hai capito che avresti voluto trasformare questa tua passione nel tuo lavoro e come ha vissuto la tua famiglia questa decisione? Hanno creduto nel tuo sogno insieme a te?

Mio padre quasi per scherzo mi spronò da ragazzina a partecipare al programma Karaoke di Fiorello. Quel momento mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che cantare era quello che volevo fare nella vita. Ma nonostante mio padre mi abbia spinta a partecipare, è sempre stato molto protettivo nei miei confronti e non voleva quel tipo di futuro per me, non appoggiava la mia decisione di rendere la musica il mio lavoro. Il suo no però mi ha dato la grinta per fare quello che ho fatto.

Capisco da un lato i miei genitori, per quella generazione questo è un lavoro precario e pericoloso. Ma oggi sono entrambi felici per me, nonostante sia strano tutt’ora per loro comprendere i miei ritmi di vita e i miei impegni.

Cosa consiglieresti a giovani artisti emergenti che sognano di affermarsi nel mondo della musica? Come in tutte le cose ci sono i pro e i contro, se potessi dare loro un suggerimento quale sarebbe?

Oggi è più facile. Grazie ai social e a YouTube arrivare al successo è più semplice ma occorre studiare e farsi supportare dalle persone giuste, da qualcuno di fidato e di esperienza. È un mondo molto competitivo ma studiare, informarsi, sperimentare e appoggiarsi alle persone giuste può fare la differenza.

Consiglierei loro di rimanere curiosi perché aiuta sempre tantissimo. Questo è un bellissimo lavoro, tanto che a volte non riesco a considerarlo nemmeno un lavoro, ma non bisogna dimenticare l’importanza di trovare il giusto equilibrio, saper apprezzare quello che si riesce a raggiungere senza buttarsi giù e ricordarsi di dare il 100% senza privarsi di tutto il resto. La vita è fatta anche di molto altro.

C’è un artista, o una band, che più di ogni altro ha plasmato i tuoi gusti musicali?

I Jackson 5. Forse di loro conoscerai Michael Jackson. Mia madre lo ha sempre amato moltissimo e ci ha cresciuto a pane e videocassette dei Jackson 5. Ma anche Stevie Wonder e Madonna, sono dei fari per me. Perché al di là delle band costruite a tavolino, sono artisti autentici.

I tuoi video trasmettono molto del tuo carattere, della tua energia, dei tuoi colori e hanno uno stile internazionale proprio come la tua musica. Qual è il processo creativo alla base di ogni videoclip? Sappiamo che il supporto di Tommassini è prezioso, come lavorate insieme?

Tommassini è stato fondamentale per me. Lui ha un’impronta internazionale e lavorare insieme è da sempre divertente e stimolante, dentro di lui c’è un fanciullino che scalpita e ha voglia di raccontarsi. Ha sempre capito le mie esigenze, sapeva che volevo fare veder l’artista mantenendo un lato umano e ci siamo sempre divertiti a trasformarci rimanendo coerenti, senza perdere l’identità iniziale. Non sono video fatti a caso, c’è uno studio di luci e colori che richiede impegno ed è pensato al dettaglio.

Ti è capitato di lavorare con grandi artisti italiani, condividendo il palco insieme a loro come nel caso degli Stadio, ma anche con artisti dal calibro internazionale come Flo Rida con cui hai conquistato il pubblico con il brano Adrenalina. C’è stato un artista in particolare che ti ha lasciato qualcosa più di chiunque altro? Qualcuno che pensi ti abbia arricchito più di altri a livello umano?

È difficilissimo scegliere perché ognuno di loro mi ha dato molto. Io sono una spugna e tendo ad assorbire tanto dagli altri perché sono curiosa di natura, quindi è complicatissimo scegliere. Massimo Ranieri a livello teatrale è stato un grande maestro, severo ma prezioso. Mi ha fatto innamorare di questa disciplina. Gaetano Curreri ha abbracciato la mia scelta discografica e anche lui è stato importante. Ad oggi però mi piacerebbe collaborare con una donna. Non so come mai non sia ancora capitato onestamente…

Se potessi scegliere un’artista donna con cui collaborare chi sarebbe?

Sono tantissime, ma probabilmente tra tutte P!nk per la sua grinta, per la sua voce. Non è una femme fatale ma è autentica, spontanea, è quello che vedi. Una persona che arriva con onestà a chi la guarda e la ascolta e questo è importante. Anche Lady Gaga è sempre stata coerente e credibile nella sua carriera. Se riesci a comunicare bene con la tua musica, al di là di tutto ciò che c’è attorno, vuol dire che ce l’hai fatta.

Hai rappresentato San Marino due volte all’Eurovision, che effetto fa salire su quel palco? C’è un episodio avvenuto in scena o dietro le quinte che ricorderai per sempre? Tornare sul palco dell’Eurovision dopo il colpo di arresto del Covid deve essere stato emozionante. Come è stato tornare a potersi esibire dopo quel difficile periodo di pausa?

La prima volta nel 2011 non sapevo neanche cosa fosse davvero Eurovision e non sono riuscita a portare San Marino in finale ma mi sono ripromessa che se ci fosse stata la possibilità di tornare avrei fatto di tutto per arrivarci.

Dieci anni dopo, nel 2020 mi chiamano per rappresentare di nuovo San Marino e io ho messo anima e corpo fin da subito, fin dalla prima fase di promozione in Olanda, per tenere fede alla mia promessa. Ma appena tornata a Bologna ricevo una chiamata in cui mi viene detto che l’Eurovision non si terrà a causa del Covid e per me è stata una notizia devastante, però mi ha anche fatto capire quanto fosse grave la situazione Covid, per arrivare a cancellare uno spettacolo del genere.

Qualche settimana dopo mi richiamano e mi dicono che l’anno dopo avrei avuto l’opportunità di esibirmi perché mi avrebbero richiamata per rappresentare San Marino e si riaccende la speranza.

Così, per un anno, mi sono data da fare per preparare la nuova canzone e presentarmi carica all’Eurovision 2021. Per l’occasione volevo un artista internazionale e Flo Rida ha accettato di entrare nel progetto di Adrenalina nonostante non fosse sicuro, proprio a causa del Covid, di poter essere presente a Rotterdam per l’Eurovision considerato che si trovava a Miami.

 

È arrivato il giorno prima dello spettacolo ed è nata un’alchimia unica, cantavamo per il puro gusto di cantare. Dopo il Covid noi artisti volevamo solo tornare sul palco e cantare, era come se neanche sentissimo la competizione.

L’abbraccio finale con Flo Rida rappresenta esattamente come ci sentivamo, non ci eravamo neanche mai conosciuti dal vivo, non avevamo mai provato insieme la canzone, ma ci siamo trovati all’istante.

In questa occasione ho conosciuto anche i Maneskin, eravamo tutti isolati e giocavamo a ping pong come se ci conoscessimo da sempre. Nonostante i disagi e le restrizioni eravamo felici di poter tornare a fare quello che amavamo dopo anni di stop.

Sei un’artista internazionale. Scrivi sia in inglese che in italiano e non hai paura di sperimentare. Cosa cambia nel processo creativo tra lo scrivere in inglese e in italiano?

Ormai scrivo molto in inglese quindi mi viene più facile. A livello di scrittura e non di melodia, tendo ad esprimermi più liberamente attraverso l’inglese, anche supportata dagli autori che collaborano con me. L’italiano è la mia lingua quindi ha sempre un peso diverso scrivere in italiano, come se dovessi calibrare e scegliere molto più accuratamente le parole, in inglese mi sento un po’ più libera.

Hai cantato I Am What I Am di Gloria Gaynor per il Festival Cori LGBTQ+ portandoci tra le strade di casa tua a Bologna, una città a cui sappiamo sei molto affezionata. Ti manca mentre sei in giro per il mondo? È un luogo a cui sarai per sempre legata? 

Ho potuto fare da madrina al Festival Cori LGBTQ+ e per me è stato un grande privilegio, un po’ perché era casa mia, un po’ perché era un evento nobile. Io sono molto legata a questo tema e poter essere madrina nella mia città ha significato molto per me. I Am What I Am di Gloria Gaynor era già una loro canzone ma io volevo trasformarla in simbolo, mi sento tutt’ora molto legata a questo progetto.

Per me Bologna è una piccola Itaca come per Ulisse e quando torno voglio chiudermi in casa a stare con la mia famiglia, i miei amici e godermi la semplicità del momento. Amo spostarmi, viaggiare, sono una persona che non sta mai ferma, ma quando torno a casa voglio stare nel mio nido.

 

Pensi che la musica possa aiutare a diffondere inclusione e apertura mentale?

Secondo me sì. Gli artisti attraverso il microfono possono fare sentire la loro voce al di là del canto, hanno la fortuna di poter arrivare alle persone. Non occorre immolarsi a paladini, ma dire la propria è importante.

Nel nostro piccolo lo facciamo tutti, dai giornalisti agli speaker radio, ma la voce degli artisti ha più risonanza e la musica ci fa sentire più predisposti all’ascolto: quando le persone ascoltano è il momento di dire loro qualcosa di importante.

Mi viene in mente la situazione in America, l’elezione di Trump ha creato scompiglio e diversi artisti durante i Grammys hanno detto poche cose ma necessarie sul palco e penso sia stato importante. Non si tratta di sfruttare la propria influenza ma di fare riflettere le persone.

Nel brano Colombia parli di indipendenza, autonomia, del non aver paura del giudizio degli altri e continuare a ballare senza curarsi dello sguardo altrui. Ti senti così? Coraggiosa e senza timore del giudizio?

Assolutamente sì e spero che chiunque la canti possa sentirsi allo stesso modo. Mi sono vista fin da subito nel testo, nella musica e nella produzione della canzone.

Io mi sento molto libera. Fuori da qualsiasi tipo di preconcetto e giudizio, ascolto tutto poi faccio di testa mia ovviamente, ma assorbo molto dagli altri. Mi piace ascoltare, dosare le parole, ma poi ognuno deve sentirsi libero di seguire il proprio istinto e non farsi frenare dal giudizio degli altri.

Un’apertura mentale che hai dimostrato anche con Dangerous, che hai accettato di rielaborare con R3HAB. Questa collaborazione ha aggiunto ancora più carica ed energia ad una canzone che già faceva venire voglia di scatenarsi. Sei orgogliosa del risultato finale? Come è stato collaborare con un dj e producer come lui?

Quando R3HAB mi ha chiesto il brano io ero molto contenta, perché sapevo che poteva metterci del suo e aggiungere qualcosa di nuovo ad una canzone già solida, ed è giusto che succeda. La canzone sta funzionando molto bene nonostante il remix sia uscito il 17 gennaio invece che in estate, ma inaspettatamente sta andando bene. Forse ha dato la carica alle persone per iniziare con grinta il nuovo anno.

In effetti il 2025 è appena cominciato e possiamo dire che Dangerous ci abbia dato una botta di energia per iniziarlo ancora più convinti. Quali sono i tuoi buoni propositi per quest’anno? Ci sono palchi che vorresti raggiungere? Nuove collaborazioni oltre a P!nk? Un sogno nel cassetto che speri si avveri?

Evito di pormi obiettivi troppo alti perché poi soffro delle aspettative, sono molto severa. Sono contenta e appagata così perché l’album è uscito a dicembre e ci saranno molte attività legate alla sua promozione, ma mi piacerebbe esaltare alcuni brani. Ho mille idee, mille obiettivi, ho calcato dei palchi anche come presentatrice e mi è piaciuto moltissimo. Non mi ritengo solo una cantante ma un’ artista a 360°, ci sono tanti piccoli progetti che potrebbero decollare quest’anno. Non dico niente per scaramanzia… ma sono carica!

Per te che cos’è la musica? Se dovessi trovare una definizione personale e che ti rappresenti, come la definiresti?

Forse sarò banale, ma per me la musica è terapia. Per me è terapeutico ascoltarla, cantarla, parlarne, discuterne, lo è sempre stato ed è ancora così. La musica mi cambia l’umore, forse è più una dipendenza che una terapia, perché io ovunque vada la cerco. Per esempio, se entro in palestra e mi sono dimenticata le cuffie torno a casa. Esco con il cane e non posso ascoltarla? Fischietto, perché la musica deve esserci sempre nella mia vita, è una colonna sonora essenziale che cambia tutto.

 

Alla fine di questa intervista sento di aver conosciuto Senhit come persona prima ancora che come artista e penso che da ora in poi, ogni volta che sentirò una sua canzone o guarderò una sua esibizione, avrà un significato in più. Spero possa accadere lo stesso a voi ora che l’avete letta.

Grazie a Senhit per il tempo che ci ha dedicato e a Eva di Parole e Dintorni per averci dato l’opportunità di poterla conoscere meglio. Se non l’avete ancora fatto, premete play e ascoltate la versione remix di Dangerous, potrebbe essere la dose energia di cui non sapevate di aver bisogno 😉

 

Intervista a cura di Alessia Barra.

 

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