I Gaznevada nascono come interferenze che si trasformano in onde musicali in un momento in cui il nostro Paese è già di per sé in una situazione politicamente problematica.
Una città, Bologna, un disco dei Ramones che prima divide e poi unisce (anche come stile sottolineandone una netta preferenza rispetto ai Sex Pistols), una casa occupata, la Traumfabbrica dove una pop art versione diy fa da base per l’unione artistica di chiunque abbia qualcosa da DIRE (tra cui Filippo Scozzari e soprattutto Andrea Pazienza col suo Zanardi/Squibb) e poi l’esordio dal vivo nell’esatto momento in cui si sentono pronti per farsi insultare dal pubblico con un pezzo che in futuro si rivelerà un inno quasi imprescindibile nella loro produzione musicale:
“Mamma dammi la benza
Non posso fare più senza
Ne sento già la mancanza
Esiste la dipendenza”
In un look futuristico ma maledettamente f**kin’ 70 concepito alla perfezione per l’occasione si sussegue il racconto di quegli anni da parte dei membri della band; il visual è costituito da flash a base di missioni spaziali, piscine pubbliche, lotte di strada, desaturazioni sporche e tanto tanto punk, da laboratori e topolini bianchi da sacrificare in nome di… di e ancora di, da storie che sanno di eroina e amaro in gola, da gente che aspettava di fare successo facendo di tutto per non farlo e dal Nevada, con il suo acido cianidrico…. In una parola: GAZNEVADA.
La vita non è che un perdersi tra allucinazioni varie in un delirio di particolari compresa la sindrome da astinenza, un viaggio in tutti i sensi in un periodo musicale dove occupazione, rivolta, eroina e sogni erano i tuoi migliori amici col bisogno di isolarsi dalla vita e placare la propria animosità. In un connubio di echi e sintetizzatori si vive il racconto di una ribellione fatta di note e di rabbia.
Il documentario avanza attraverso una carrellata di “momenti” chiave come Bologna Rock assieme agli Skiantos che cucinarono degli spaghetti sul palco in un live di intensità demenziale a livelli mai più raggiunti, la popolazione del palazzo occupato descritta piano per piano, attività per attività, vizio per vizio ma soprattutto domande da 1 milione di dollari tipo “Ma i punk a Londra… dove sono????”.
E poi ancora la nascita delle Colonne sonore malate, i videoclip, la presenza sempre più invasiva di qualsiasi cosa riguardasse l’elettronica (sintetizzatori, campionatori, sequenzer) fino a Pippo Baudo, la discoteca e la svolta italo disco pop con mezzi (e soprattutto confusi) ammiccamenti al Paese dalle stelle e strisce.
E ancora Sanremo, la (troppa) televisione, le major e la gente che (finalmente?) li riconosce per strada rendendoli pronti a cavalcare i clamorosi anni 80 pieni di vuote soddisfazioni artistiche, fino al naturale declino in cui ci si domanda: “ma era questo l’unico futuro possibile?”.
Una storia raccontata in prima persona senza inutili censure o giri di parole direttamente da loro, i protagonisti: Billy Blade, Andy e Marco Nevada (di cui si ricorda l’essere stato scritturato per il suo look senza averlo nemmeno sentito suonare), Bat Matic e Robert Squibb.
Grazie Raimond Chandler per avere suggerito i Gaznevada e…. Vuoi mettere risorgere? … risorgere!
Una storia fondamentale, un docufilm necessario, prodotto da Sonne Film e Wanted Cinema e diretto da Lisa Bosi nel miglior modo possibile e cioè senza alcun nesso cronologico.
Ringraziamo Virginia Strocchi di ECHO Srl
Testo a cura di Luca Iacono