Venerdì 13 giugno 2025, Giorgio Poi è salito sul palco del Forte Antenne di Roma, luogo suggestivo tra ruderi e natura selvatica, per una delle prime date annunciate (dopo il MI AMI a Milano e il tour europeo). Un tutto esaurito da mille persone, raccolte in silenzio anticipatorio prima e esplose in un coro ininterrotto poi, per un concerto che ha avuto il sapore di una riunione tra amici di vecchia data, allo stesso tempo intimo e collettivo.
Giorgio Poi, all’anagrafe Giorgio Poti (Novara, 1986), cresciuto a Lucca e poi artisticamente a Roma, dopo lunghi periodi a Londra e Berlino, è una delle figure chiave del nuovo cantautorato italiano post-indie. Il suo debutto discografico, Fa niente (2017), pubblicato da Bomba Dischi in collaborazione con Universal, si è rivelato un piccolo cult generazionale, conquistando la critica con il suo stile liquido, sospeso tra malinconia pop e delicatezza psichedelica.
Il percorso di Giorgio Poi è marcato da una continua attività live e da collaborazioni di successo con i protagonisti della nuova scena italiana — Calcutta, Carl Brave, Frah Quintale, Franco126 — così come con artisti internazionali. Memorabile infatti il sodalizio con i Phoenix, che lo hanno invitato ad aprire i concerti a Milano, Parigi e negli Stati Uniti.
Nel 2019 ha pubblicato Smog, confermando la sua cifra stilistica fatta di realismo emotivo e ritornelli sottili, che ti si insinuano nella testa senza far rumore. Nello stesso anno ha collaborato con Luca Carboni per il brano Prima di partire. Ha firmato inoltre la colonna sonora originale della serie Netflix Summertime (2020) e nel 2021 è tornato con i singoli I Pomeriggi e Giorni Felici, ispirato ai fumetti di Zuzu, che ne ha curato la copertina. Con Gommapiuma (2021), Giorgio Poi ha approfondito la sua vena intimista e “cinematografica”, espandendosi sempre più anche a livello internazionale.
Nel 2025 arriva l’attesa pubblicazione di Schegge, il quarto album, già accolto dalla critica tra i migliori dell’anno. Denso di sovrapposizioni, malinconico ma anche capace di lasciar intravedere la luce, racconta una doppia perdita – un genitore e un amore – e insieme la forza della rinascita. I riferimenti musicali sono molteplici: dalle colonne sonore di Umiliani a Gino Paoli, dalla psichedelia al moderno cantautorato, in una collezione di brani dalle melodie struggenti e orecchiabili, con testi accurati e originali, come ci ha abituati in questi anni l’artista.
La scenografia del concerto richiamava la copertina di Schegge, con un tendone colorato sullo sfondo e dei neon a sottolineare i contorni a zig zag delle forme. Il live è iniziato sulle note di Giochi di gambe ed è stato un susseguirsi di momenti intensi: Acqua minerale, Nelle tue piscine, Il tuo vestito bianco, Erica cuore ad Elica fino a Rococò e La musica italiana, cantata in coro da tutti, a metà tra senso di appartenenza e di nostalgia. Un brano significativo, da parte di un artista che si è allontanato per anni dall’Italia, riscoprendone da lontano i contorni, sbiaditi dall’abitudine, per tornare poi indietro con la forza e la consapevolezza da chi ne ha compreso le potenzialità.
La band — Matteo Domenichelli (basso), Francesco Aprili (batteria), Davide Sambrotta (tastiere) — ci ha regalato un suono curatissimo, con atmosfere vintage e slanci di entusiasmo devvero contagiosi. Oltre ai brani dell’ultimo album, sono state ripercorse le tappe più importanti del suo percorso, segnato da tanti piccoli classici, di quelli destinati a restare nel cuore degli ascoltatori anche ad anni di distanza.
Il concerto si è avviato verso la conclusione avvolto in un’atmosfera rarefatta. Tutta la terra finisce in mare, uno dei gioielli dell’album (insieme a Non c’è vita sopra i 300 kelvin), ha incantato il pubblico, seguito da una rilettura nostalgica e sospesa della classica Estate di Bruno Martino. Il bis, tanto atteso, ha regalato un’esplosione di energia con la hit Missili, il brano che lo ha rivelato al grande pubblico, per poi chiudersi con le intense Vinavil e Les Jeux Sont Faits.
Nessun artificio, nessun ospite a sorpresa, solo poche, misurate parole tra un brano e l’altro: lo show di Giorgio Poi è stato sobrio, timido e sincero. Ancora una volta, l’artista si è confermato una voce fuori dal coro, un faro in un panorama musicale che troppo spesso cede all’eccesso e si riduce a mero prodotto di consumo.
Questo paradosso, in cui un sottobosco musicale autentico e indipendente sta silenziosamente crescendo, collezionando successi di critica, visualizzazioni e riempiendo le sale dei concerti, trova in Giorgio Poi uno dei suoi massimi esponenti.
L’artista rappresenta senza dubbio una delle evoluzioni più riuscite dell’ondata indie-pop italiana di metà anni Dieci. Oggi, con album sempre più maturi, internazionali e intimi, dimostra con eleganza come sia possibile rimanere fedeli a sé stessi senza rincorrere le mode del momento. È un classico contemporaneo che continua a parlare sottovoce — ed è proprio in quella delicatezza che la sua musica risuona più forte, arrivando dritta al cuore.
In apertura, l’esibizione di Agenda dei buoni propositi, il progetto di Tiziano Parente, ha preparato il terreno con il suo cantautorato sperimentale elettronico, tessendo atmosfere cupe e ipnotiche che hanno subito catturato l’attenzione.
Articolo e foto di Ginevra Baldassari
Ringraziamo Fabiola di DNA concerti