Roma, 7 giugno 2025. Una serata limpida, un cielo trapunto di stelle e oltre 54.000 persone strette attorno a un artista che, senza proclami né sovraesposizioni, ha guadagnato un posto speciale nel cuore della sua generazione (e non solo).
Roma ha accolto il cantautore con un affetto fortemente percettibile. Salito sul palco con il suo consueto stile discreto—occhiali scuri, frangetta, giacca sportiva—Flavio Pardini ha dato il via a una serata che ha avuto il sapore di qualcosa di memorabile.
C’è qualcosa di profondamente umano, quasi fragile, nel modo in cui Gazzelle si presenta sul palco. Con la sua consueta riservatezza — e gli immancabili occhiali da sole — sembra voler passare inosservato. Eppure, riesce a catalizzare l’attenzione delle migliaia di presenti, trasformando il Circo Massimo in uno spazio intimo, emotivo, condiviso. Una celebrazione che ha sancito il legame viscerale tra l’artista romano e la sua città.
Il concerto si è aperto con Punk, brano manifesto della sua poetica, scelto per dare da subito un’impronta emotiva intensa alla serata. In pochi versi, Gazzelle riesce a condensare l’essenza del suo mondo: disincanto, dolcezza ruvida, quotidianità strappata. (Tu sapevi un po’ di punk, di fissa coi Nirvana, di Metropolitana, io sapevo un po’ di tour, di maledetto me, del tempo che ho sprecato). È proprio attraverso canzoni come questa che ha costruito un’estetica unica: malinconica, sincera, attraversata da un’urgenza di raccontarsi senza inutili orpelli, con parole taglienti e melodie capaci di penetrarti nelle ossa.
Dopo Punk il disincanto di Meglio così, altro brano iconico, e poi Fottuta Canzone, il cui testo disilluso e arrabbiato si rivela liberatorio e rassicurante (Non mi scordo com’è brutto il mondo/Quant’è sputtanato ‘sto tramonto / che sto bene solo quando dormo /Fine marzo, mi butto di sotto/ Strappo il cielo e ce n’è un altro sotto). In scaletta, l’artista ha alternato i brani che lo hanno consacrato come una delle voci più riconoscibili dell’indie-pop italiano con produzioni recenti. Tra queste, il debutto live di Stupido, singolo uscito da poche settimane, e una selezione intensa da INDI (Maciste Dischi/Warner Music Italy), l’album pubblicato a gennaio. Quest’ultimo segna un’evoluzione stilistica ulteriore: una scrittura più asciutta e consapevole, ma sempre capace di raccontare l’interiorità con immediatezza e profondità.
Dal vivo i brani guadagnano in ampiezza grazie a una band solida, curata, arricchita dalla presenza di due archi che ne dilatano la tensione emotiva. Nonostante l’imponenza del luogo, tutto resta raccolto, mai enfatico. Gazzelle parla poco, ma ogni parola pesa. Dopo i primi brani, visibilmente commosso, si è rivolto al pubblico, alzando per un attimo: «Non riesco a vedere fino a dove arrivate, ma da qui a occhio mi sembrate un botto». Ha ricordato i suoi esordi nei piccoli club romani, come il Monk, e il percorso che lo ha portato fino a questo palco, a questo momento irripetibile.
Due le sorprese della serata: Noyz Narcos, per una potente incursione rap in Roma, e Fulminacci, compagno di scena e affinità generazionale in Milioni. Due presenze che hanno arricchito il concerto senza snaturarne il tono intimo e personale.
Il merito più grande di Gazzelle è forse proprio questo: aver raggiunto il grande pubblico rimanendo se stesso. Senza clamore, senza personaggi costruiti, senza strategia apparente. Solo dischi, parole vere, e una relazione profonda con chi ascolta. Le sue canzoni sono un mare calmo in cui naufragare, piccoli rifugi per chi cerca nella musica un rispecchiamento e non una fuga. Sono l’amico silenzioso su cui poggiare la testa, e che ti capisce senza bisogno di spiegazioni.
La sua carriera, costruita passo dopo passo, ha trovato nel Circo Massimo una delle sue vette più alte. E alla fine, nel momento più emozionante, con il volto rigato di lacrime, Gazzelle lo ha definito “il concerto più bello della mia vita”, confessando che non avrebbe mai voluto volerlo vedere finire. Ha poi annunciato che si prenderà una pausa dai palchi: una scelta coerente, rispettosa, che amplifica il valore di ogni parola pronunciata sul palco.
Il tour si concluderà il 22 giugno a San Siro, altra tappa simbolica per un artista che ha fatto della vulnerabilità la propria forza. Sarà un altro abbraccio — forse l’ultimo per un po’ — a un pubblico che continua a crescere, in silenzio, ma con devozione.
E mentre le luci si spegnevano su Roma, e le persone poco alla volta si allontanavano, restava nell’aria quello strano silenzio che conosce solo chi sa di avere appena vissuto qualcosa di davvero grande.
Articolo e foto di Ginevra Baldassari
I nostri ringraziamenti a Francesca di Help Media PR