Ananda Mida , la recensione di Cathodnatius

Ananda Mida

CATHDONATIUS

GoDown Records

 

Un collettivo musicale di stoner rock e psichedelia, che vede Max Ear (ex batterista degli storici OJM e co-fondatore dell’etichetta indipendente Go Down Records), e Matteo Pablo Scolaro (chitarrista e curatore underground di Go Down Bands on Tour) far da tramiti per un’idea di musica corale e viscerale.

Corale perché la base è una banda di appassionati e virtuosi delle chitarre e degli effetti, viscerale perché sono una summa ideologica di matrice rock dannata alla Kyuss/Nebula, per intenderci.

Il loro secondo LP, Cathodnatius, arriva a gennaio 2019 dopo vari cambi di line up e miecela musicale, visto che i ragazzi sono in pista dal 2015. Conny Ochs alla voce rende tutto magnetico, con lunghe passeggiate in un deserto post sbornia Burning Man, dove la polvere del desert rock si sposa con le scorribande in un groviglio di suoni seventies, rigorosamente cantati nella lingua madre del rock.

Brani giustamente lunghi e corposi, in cui svetta Pupo Cupo, brano che fa dell’oscurità stoner il suo vessillo e la sua forza. Reef metallici dietro movenze di lungo corso rock, in una tenuta che non lascia scampo a pasi indietro tecnici, sino al vortice che dal quinto minuto in poi risale come in una fiaba dal finale inquieto scritta dai Black Angels. Neo psichedelia arguta (The Pilot) che diviene anche acustica in Out Of the Blue in omaggio ai maestri Led Zeppelin, per terminare il viaggio nella quinta e ultima fatica.

Parlo di Doom and the medicine man, più di 22 minuti di musica che conferma le aspettative tecniche dei nostri Ananda Mida. Ascoltatela lentamente nei sui saliscendi psichedelici e ne gioverete più di una seduta da uno psicologo., causa viaggi introspettivi nel rock lisergico e corrossivo.

 

Andrea Alesse

recensioni@thefrontrow.it

 

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