TUSKS, la recensione di Avalanche

TUSKS

Avalanche

One Little Indian Records

 

Emily Underhill è TUSKS, delicate e intima artista che fa  base a Londra e produce sensazioni avvolte in una malinconia elettronica e dai risvolti lisergici. Un nuovo album nella sua produzione e un nuovo tassello nella sua storia artistica e personale, fatta di un grave infortunio che ha tentato di allontanarla per sempre dalle scene e da altri disturbi che non ne hanno però scalfito il talento.

“Avalanche” è quindi il titolo di una rinascita e di un risveglio, come una valanga, per l’appunto. Una miscela onirica e un discorso aperto per avvicinarsi a Daughters e Big Thief, sublimando un approccio avvolgente e dal sapore spesso magico. Una voce calda e struggente, delle linee di chitarra con approccio slow-core, e tanta suggestione emotiva in dieci tracce.

Profondità e quasi mistero, avvolti in una TUSKS più matura e in un percorso musicale che premia il battito elettronico e la luce fuori dal tunnel, con brani personalissimi come Peachy Keen, Accanto a questo gioioso torpore electro, la forza di Emily, che abbiamo peraltro apprezzato dal vivo per un’esibizione lo scorso 11 giugno (peccato per chi non c’era), sta nel comporre a suo piacimento synth ed emozioni, utilizzando anche linee di piano e ricordi.

Una presenza forte nell’aria, questo disco, che spero possa trovare il giusto riconoscimento, con canzoni architettate con beat cinematici e cavernicoli (Mind), ma anche vecchie celebrazioni indie pop molto ben congeniate (Better That Way).

 

Andrea Alesse

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