Gli Slipknot incendiano Roma!

Prima o poi doveva succedere, e dopo 16 anni gli Slipknot si avventurano fino a Roma.
Assieme a loro gli svedesi At The Gates e i Temperance, chiamati da Rock In Roma ad aprire la giornata.
Grandi assenti della giornata i King 810 che, schedulati in tour con gli Slipknot, non sono potuti neanche partire dagli Stati Uniti, rimanendo in patria a concludere il prossimo disco.

Ha appena finito di piovere quando gli At The Gates salgono sul palco, la folla è carica e risponde ad ogni gesto di incitamento del cantante Tomas Lindberg che continua a muoversi e ad urlare nel microfono come un forsennato, lasciando trasparire un pò di stanchezza.
I volumi sono altissimi e la doppia cassa del batterista Adrian Erlandsson è una precisa arma d’artiglieria pesante che unita al basso di Jonas Björler risulta letale.
I pezzi della loro scaletta risultano undici alla fine e vengono presi in parti uguali dalla loro ultima fatica At War with Reality e da Slaughter of the Soul, che risale al 95.
Quasi un’ora di concerto per gli At The Gates che sicuramente si saranno fatti dei nuovi e giovani fan.

Sono le 21:45 quando le luci dell’Ippodromo delle Capannelle  si spengono le luci, finalmente prende il via il circo mascherato tanto atteso nella capitale che con Sarcastrophe e The Heretic Anthem incanta tutto il pubblico presente.
L’energia con cui viene suonato ogni singolo pezzo è clamorosa e pure Vermilion, che dovrebbe essere un brano tranquillo, viene suonata a mille dai nove mascherati.
Corey sembra essere in ottima forma nonostante il lungo tour (gli Slipknot sono stati anche in tour negli Stati Uniti prima di arrivare in Europa), sempre calato nella parte, ripete ad ogni concerto le stesse parole che ripete ormai da 16 anni e non si fà remore ad avere Città del Vaticano a portata di mano, lui i suoi bestemmioni in Italia li deve per forza tirare. I nuovi arrivati Alessandro Venturella e il maestoso Jay Weinberg, seppur defilati, dimostrano di essersi integrati alla grande nel gruppo.
Lo spettacolo procede nel migliore dei modi, ma ormai sembra più un balletto di gruppo organizzato che un concerto fuori di testa: ognuno balla e canta standosene al suo posto e guai ad invadere la postazione di qualcun altro, è proprio Shawn a ricacciare Chris alla sua postazione su Wait And Bleed colpevole di essere andato a suonare i bidoni del Clown.
Strano ma vero, a qualche cambio palco, a Sid viene permesso di inserire degli intermezzi per stemperare l’attesa tra un brano e l’altro, ed è proprio su un suo stacco che si giunge al nuovo singolo Killpop.
Before I Forget e Duality riaccendono il pubblico che salta e canta all’unisono, i chitarristi Jim Root e Mick Thomson sono diventati gli opposti uno dell’altro: il numero 4 si scatena come un forsennato sviolinando tutti i nuovi assoli mentre 7 suona imperioso tutti gli accordi delle vecchie canzoni, rivendicando il suo vecchio ruolo. Ma i due sembrano anche essere i più coesi e, addirittura ogni tanto, si scambiano la postazione.
Siamo quasi giunti al termine e l’incredibile salto su Spit It Out viene eseguito da tutti i presenti (ma proprio tutti).
Il classico trittico (sic), People=Shit e l’immancabile Surfacing chiudono dopo un’ora e un quarto un bellissimo concerto costruito non solo di canzoni, ma anche di uno spettacolare gioco di luci e fuochi che non ha deluso le attese di chi si è fatto numerosi chilometri per vederli.

La setlist di Roma

XIX
Sarcastrophe
The Heretic Anthem
Psychosocial
The Devil in I
AOV
Vermilion
Wait and Bleed
Killpop
Before I Forget
Duality
Eyeless
Spit It Out
Custer
Encore:
742617000027
(sic)
People = Shit
Surfacing
‘Til We Die

Report e galleria fotografica a cura di Stefano Cremaschi

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