L’avvenire va oltre la mezzanotte, Lewis Watson canta Midnight

Artista: Lewis Watson
Album: Midnight
Etichetta: Cooking Vinyl
Ufficio Stampa: Ja La

Avere vent’anni negli anni 10 a Oxford. Respirare passione musicale e ballate mosse da un sentimento.
I comandamenti di Lewis Watson partono da qui, per sprigionarsi in un album, Midnight, devoto a paesaggi alt rock e movenze da una maturità che difficilmente daresti ad un ragazzo nato nel 1992. Quando in Italia si sfaldava la prima Repubblica, in Inghilterra nasceva un cantante solido e talentuoso, appoggiato su arpeggi di chitarra e qualche beat elettronico, con una passione concreta per gli arrangiamenti completi. In Midnight, realizzato senza pressioni esterne e promosso dalla competenza dell’etichetta Cookyng Vinyl, si incontra la raffinatezza anglosassone controllata da archi e batteria metodica, oltre ai sentimenti di un giovanotto che ha passato buona parte del suo tempo da artista in giro per il mondo, tra show concreti come quello dello scorso febbraio a Milano.
Prima del tour di novembre, e prima ancora che l’afa estiva si accorga anch’essa delle gemme di Lewis Watson, il consiglio è quello di ascoltare Midnight seduti sul bordo di una parete di montagna, per amplificare la metafora esistenziale delle parole del giovane inglese, diviso tra Passenger e Keane, con Death cub for cutie e Palace a segnalargli la strada. L’intensità è patria di Lewis Watson sin da Maybe we’re home, canzone in cui indecifrabili assoli vocali assistono una composizione manovrata da arrangiamenti che richiamano i Foals, con gradevoli suoni al seguito. Little light sa invece essere cinematografica e possente, con architetture d’avanguardia rock che sprigionano un eleganza che giustifica la folla richiamata sui canali social dallo stesso Watson. L’inglese conosce anche le ballate esistenzialiste (Deep the water), in cui sono gli archi a dare un tono di saggezza musicale, come nella bucolica e assolata When the water meets the mountains. La chiarezza della chitarra e i cori di Forever difficilmente si tolgono dalla testa, in uno dei brani più mainstream del disco, purificato poi dalla preghiera emotiva di Give me life.
Sul finire, la poesia dei Slumber feat cantata con Lucy Rose, voce alla Joss Stone che conduce nella timidezza acustica e in soggiorni seducenti e gentili, dove realmente si palesa Lewis Watson.
Andrea Alesse

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