Eroismi pop in chiave poetica, i Canova li suonano in Avete ragione tutti

Autore: Canova

Album: Avete ragione tutti

Etichetta: Maciste dischi

E’ la rensione formato regalo di Natale 2016 di The Front Row, e riguarda i Canova. Un gruppo di 4 amici titolari di un posto fisso paradiso del pop – (soft) rock italico, quel posto fisso di cui si parla nella Vita sociale, uno dei due singoli (l’altro è Portovenere) che è impossibile non canticchiare dopo il primo ascolto. Un apripista per un disco, Avete ragione tutti, che è un altro pezzo importante dell’attuale momento d’oro delle produzioni italiche di stampo alternative opop. Di alternative c’è sicuramente la scrittura e l’attenzione per tematiche e realtà non da copertina, mentre l’arrangiamento è in grado di aprire a giochi melodici e suoni sicuramente pronti per un ampio pubblico. Ma le etichette, si sa, devono essere abbattute, ed i Canova ci aiutano in questo arduo compito a colpi di suoni sintetici (ma non troppo) e accattivante e non sterile orecchiabilità dei testi, oltre che voce melodica e anche profonda nei momenti giusti.

I Canova sono capitanati dalla verve di Matteo Mobrici che ci mette voce, chitarra e piano, mentre Federico Laidlaw utilizza il suo basso per assecondare istrioniche architetture pop, senza eccessi di sorta. Importanti sono le performance di Fabio Brando alla chitarra elettrica e al piano, che seguono quelle di Gabriele Prina alla batteria, protagonisti di un insieme di suoni accattivanti convogliati in ritornelli e concretezza. Un disco riuscito, senza dubbio, intrigante sin dall’artwork di copertina e ottimamente mixato dal guru del noise pop italico, quel Matteo Cantaluppi presente nell’altro bel simposio sonoro popppeggiante di Marassi degli Ex- Otago. Ma attenzione, perché le sorprese non sono finite, in quanto l’album è stato masterizzato da Giovanni Versari, già con Baustelle (per dirne uno). 

Le parole sembrano essere messe al punto giusto sin da subito, quando Vita sociale suona come un esempio di concretezza pop che scandisce i tempi della giornata dell’ascoltatore, con linguaggi melodici e assolutamente scivolosi per piacere e sinfonia, anche grazie al synth che echeggia mentre Mobrici manda a puttane la sua vita sociale (quante volte ci abbiamo pensato tutti? permettetemi un sospiro). Ma ai Canova non manca neanche la vena cantautorale acustica, ascoltabile tra i sensi di colpa di Brexit, trattato sociologico dedicato a chi ha il poster degli Strokes al posto dei Beatles e il sogno di Londra ben fisso nella testa. Nella successiva Expo risuonano i Cani e le loro sciabolate in batteria di Aurora e oltre, mentre La felicità ha quel sapore triste che non poteva mancare in un gruppo che è capace anche di farti cantare di malinconia post- giovanile, quando le Canarie non sono più una soluzione da prendere in esame. Manzarek ha un titolo importante, dedicato al tastierista dei Doors, e un retrogusto anch’esso malinconico, con chitarre secche d’italico eighties e cantata disseminata tra riflessioni amorose poi in preda alle tastiere finali. Non manca la rilassatezza estiva stile Liede in Portovenere, pezzo che precede la spigolosa Aziz (vai di nuovo coi synth) e, soprattutto, l’eroismo sentimentale di Maradona, altro manifesto generazionale in chiave amorosa dipinto sulla distesa pop del gruppo milanese.

Mi raccomando, non chiamateli approfittatori, i Canova vanno oltre le didascalie e tirano dritto al punto, scrivendo in Avete ragione tutti un suadente Bignami del pop italico. Un disco che ha bisogno di tutte le vostre attenzioni.

Testo a cura di Andrea Alesse

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