Bamboo: oggetti di scena (Props) e tecnica di precisione

Artista: Bamboo

Album: Props

Etichetta: Bomba Dischi

Questa canzone non è suonata con strumenti musicali. Tenetelo a mente e scrivetelo cento, mille volte. Se non basta provate a immaginare come suonano spazzolini, coperchi, pentole altri oggetti musicalmente contundenti. Al resto ci pensano i Bamboo e il loro album Props (letteralmente oggetti di scena), titolo copertina di un manifesto culturale sperimentale che unisce tecnica e innovazione. Era il 2008, quando il docente di percussioni Luca Lobefaro decise di creare un super team per farsi strada tra ricerca sonora e possibile creazione di una band. Il motto era sempre lo stesso: utilizzare strumenti alternativi avulsi dal quotidiano. Dopo il successo che ha avvicinato curiosi e membri della carta stampata, ecco il Dvd What’s in the cube, interazione spontanea con l’ascoltatore che deve scegliere il contenuto di un cubo formato abitazione. Sette pezzi di repertorio suonati con passione e con quel piglio da precursori di una nuova originalità sonora, portata dalla strada in uno studio nelle campagne romane. Attenzione, però, perché i Bamboo, nonostante un successo acclamato in stadi pieni lungo un tour di accompagnamento a un big della musica italiana, non disdegnano l’animo buskers e le pistole giocattolo, utilizzate sempre come strumento di composizione.

Props esce quindi allo scoperto come un progetto che fonde una nuova forma canzone che ha dieto il dogma dell’elettronica, ma che non fornisce alcuna certezza su quali oggetti vengono di volta in volta suonati, lungo sette nuove tracce piene di ritmi mai saturi e di una ricerca più matura della pulizia nel sound. Il diktat è il medesimo: produrre musica potente e non lasciar traccia di come la si mette in piedi.

Unicità musicale sulla scia della già edita Supertechno, quindi, che fornisce nella trance ipnotica di Baby Hulk un corposo e costruito groviglio che assapora l’electro dance e la da in pasto ad un groove mai saturo e definito. Non bisogna tralasciare il campionamento vocale alla Chemical Brothers di Unquiet, secondo brano in cui  ci vengono incontro suoni che sembrano presi dalla tastiera di un vecchio aggeggio Texas Instruments, remixati poi con beat che avanzano meticolosi verso mid tempo molto interessanti. La faccenda si fa claustrofobica in Amber, pezzo da far girare intono ad una bottiglia molotov, per via i quel suono di fondo in cui si mischiano tintinnii di chissà quale provenienza. Con Tetris Theme si torna in pista a ballare una delle marce più conosciute del pianeta, stavolta assemblata con la chirurgia di un scienziato tra effetti sonori che lasciano il segno. In Remote Control si sentono possibili suoni di giocattoli elettrici, in tinta con percussioni e sirene ambigue e oscure; ma  è con To be rmx capisco definitivamente il successo in eventi di elevata numerosità. Non fosse altro per le distorsioni elettroniche da antenna tv lacerata che fanno ruotare il capo e non ti tengono fermo sulla sedia, per poi lanciarti verso la vena clubbing della conclusiva Gunstep.

Testo a cura di Andrea Alesse

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