Lai delle Nubi, la recensione di Tuēri

Lai delle Nubi

Tuēri

Instrumental post rock dalle lunghissime gettate. I Lai delle Nubi da Roma sono appassionati di Mogwai e del nuovo suono ricercato italiano che spulcia nei negozi di quartiere per cercare i lavori di Riah e Winter Dust. Musica per cuori forti, in cui le chitarre incrociano lunghe e articolate spaziature che aiutano il corpo a distendersi e la mente ad aprirsi.

Ci apriamo, dunque, al lamento delle nubi, quel fenomeno in cui il burrascoso immaginario pone le basi per cercare oltre le solite note cantate e apprezzare cavalcate serie su un tessuto di suoni corposo.

Dopo “Voci per un neon”, ecco allora “Tuēri”, sei pezzi in cui la durata media supera i sette minuti, dove troviamo saliscendi post rock di stile classico e tanta voglia di emergere a suon di schitarrate.

Andrea “Bodz” Bozio, il chitarrista Andrea “Reds” Rossi, il chitarrista Max Napoli e il batterista Stefano Mosena ci lasciano buone impressioni, dentro le tempeste interiori di Emma e Terapia, musiche a cui ciascuno può dare un autonomo significato.

 

 

Andrea Alesse

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