La magia di Knopfler all’Arena di Verona

Ogni concerto che si svolge all’Arena di Verona ha qualcosa di speciale, quando però a suonare è un personaggio storico come Mark Knopfler, allora tutto diventa magico. In questo tour italiano il chitarrista inglese ha scelto di suonare in molti posti dal fascino particolare, come le Terme di Caracalla. È un tour tra passato e presente, dai Dire Straits alle produzioni soliste, per la gioia di un pubblico che lo segue ormai da oltre 40 anni. I concerti di Knopfler non si contraddistinguono mai per spettacolarità, ha sempre dato più importanza alla musica che alle immagini. Anche in questo tour la scenografia è semplice ma con ben 11 musicisti sul palco. Knopfler si presenta al pubblico con la sua fedele Gibson Les Paul e apre il concerto con il brano Why Aye Man dalla durata di quasi 10 minuti, facendo capire che non sarà il classico compitino ma nemmeno un esercizio di stile. Mark da subito l’idea di divertirsi, lascia ampio spazio ai suoi musicisti fin dall’inizio. Al secondo brano imbraccia una Danelectro e la sua slide per suonare Corned Breef City. Due brani dalle sonorità tipiche a cavallo tra i Dire Straits e il Knopfler solista. Le atmosfere si fanno più soffuse con Sailing Philadelphia, brano di quasi 20 anni fa e che mantiene intatto il suo fascino. Arriva la prima parentesi Dire Straits con Once Upon A Time In The West riconosciuta fin dalle prime note per l’inconfondibile introduzione. Il brano ha un tempo molto reggae che inizialmente fa un po’ rimpiangere la versione di Alchemy ma che, con lo scorrere delle note, si fa sempre più trascinante anche grazie al ruolo dei fiati. Si continua con Romeo e Juliet, dove sfodera la chitarra National che tutti ricordiamo nella copertina di Brothers in Arms, per poi riprendere con i brani della sua produzione solista. Sono due ore di concerto che affascinano ed incantano. Si tratta dell’ultima tappa di questo tour europeo. Tour che riprenderà il 16 agosto negli Stati Uniti

Nel ringraziare D’Alessandro e Galli per l’accredito concesso, vi lasciamo alle nostre foto

Testo e foto a cura di Diego Feltrin

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