Gods Of Metal 2016: le foto e la recensione

Si è svolto il 2 giugno, all’autodromo di Monza l’edizione 2016 del Gods Of Metal. Ben 10 band, che hanno suonato sin dal mattino nella splendida cornice del Parco di Monza davanti a circa 20 mila persone. Sin dalla tarda mattinata, si sono susseguite band sull’enorme palco: ad aprire gli italiani Overtures e Planet Hard, visibilmente emozionati, e subito a seguire Jeff Angell’s Stacicland e The Shrine. Buone le loro esibizioni, ma i  più interessanti (ed apprezzati già da un folto pubblico) sono stati i The Shrine.

HALESTORM
I primi big a salire sul palco, nel primo pomeriggio, sono gli americani Halestorm.
C’ha pensato la band capitanata dalla bellissima Lizzy Hale (in forma straordinaria) a scaldare il pubblico. Il concerto si è aperto sulle note di Apocalyptic estratta dal disco Into The Wild Life uscito nel 2015. Il live è poi proseguito con grandi classici della band americana come Scream e Mayehm, nel set, spazio anche per un drum solo eseguito da Arejay Hale fratello di Lizzy.

GAMMA RAY
Con 20 minuti d’anticipo rispetto al programma originale salgono sul palco i tedeschi Gamma Ray. La band ha da poco infoltito la formazione con l’aggiunta di Franck Beck, alla voce, che si è egregiamente preso il compito di tutte le parti soliste; infatti, ormai Kay Hansen si limita a poche parti da solista e alle seconde voci. Nel complesso un buon concerto dove è emersa l’ottima tecnica della band teutonica. Tra le canzoni, il pubblico ha particolarmente apprezzato Send My A Sign, Land Of The Free, ma sopratutto I Want Out brano degli Halloween.

SIXX AM
Sono le 17 in punto, quando inizia il primo concerto europeo in assoluto per i Sixx Am, progetto capitanato dall’ex Motley Crue Nikki Sixx nato nel 2007. Sixx (basso), l’ex chitarrista dei Guns N’Roes DJ Ashaba (che si è poi successivamente goduto il concerto dei Korn in mezzo al pubblico concedendo molti selfie e foto ai suoi fans, NDR), James Michael alla voce, Dustine Stainke alla batteria e Amber Vanbuskirk e Melissa Harding ai cori hanno dato vita ad un buono show, pescando canzoni da una discografia composta ormai da 4 dischi. A nostro avviso la prestazione è passata però in secondo piano, nonostante tecnicamente fosse di altissimo livello, la band era forse fuori luogo come genere.

MEGADETH
Ed eccoci ai Megadeth, probabilmente una delle esibizioni più attese di questa lunga giornata. La curiosità era alta, sopratutto per la super band che ora circonda Dave Mustaine: Kiko Loureiro alla chitarra, David Ellefson al basso e Dirk Verbeuren alla batteria. La setlist proposta dai Megadeth è stata a dir poco devastante, le danze si sono aperte da Hangar 18, seguita da una lunghissima versione di Wake Up Dead. Bisogna aspettare il quarto brano con Post American World per ascoltare qualcosa estratto dal nuovo disco Dystopia. Il proseguimento del concerto è all’insegna dei brani più amati del gruppo thrash metal americano. Perfette l’esecuzioni di Sweating Bullets (che ha visto come protagonista assoluto Loureiro) e di Trust. Buona la reazione sul pubblico con Dystopia anch’essa estratta dall’ultima fatica discografica di Mr. Mustaine. Per chiudere il concerto, dopo un minuto di silenzio richiesto da un commosso Dave Mustaine in onore dell’ex batterista dei Megadeth, Nick Menza (morto il 21 maggio a soli 51 anni), ecco una versione aggressiva di Holy Wars… The Punishment Due.
Un’ora e mezza pazzesca quella dei Megadeth, senza mai una pausa suonando sempre a ritmi allucinati. La nuova ed ennesima formazione messa in piedi da Mustaine (in gran spolvero vocalmente) è a dir poco perfetta. Kiko Loureiro (ex Angra) si è dimostrato un chitarrista di grandissimo livello che ha aumentato il bagaglio tecnico della band, come sempre ottimo preciso e cinico Ellefson al basso, grandissima prova (nonostante i suoni fossero leggermente “impastati” NDR) per Verbeuren dietro i tamburi, pur essendo una delle prime esibizioni con i Megadeth.

KORN

Mai mi sarei aspettato di vedere i Korn così in forma a 10 anni esatti dalla prima volta che li vidi.
Dopo aver trovato stabilità con Ray Luzier e aver ritrovato la fiducia del chitarrista storico Brian Welch, il gruppo sembra essere diventato una macchina inarrestabile da concerto. Grazie ad un numero sconsiderato di ottimi brani a loro disposizione ed una presenza sul palco che non lascia di certo indifferenti, Jonathan Davis e soci non lasciano di certo nessuno scontento dopo ogni esibizione.
Solitamente i loro concerti iniziano col botto con Rigth Now e Here To Stay che si susseguono, ma questa volta hanno deciso di fare le cose in grande partendo addirittura con Blind.
In poco più di 100 minuti i Korn ripercorrono tutta la loro carriera suonando tutte le loro hit degli anni 90 e 2000, tralasciando (finalmente) la cover Another Brick In The Wall per dar spazio a brani più recenti come la devastante Y’All Want A Single e Narcissistic Cannibal, tratta dal loro lavoro più elettronico.
Il gruppo suona compatto e solido, ma durante tutta l’esibizione non si degnano di uno sguardo, tanto che Davis deve incitare il bassista Fieldy a interagire con lui su Twist.
è sulle note di Got The Life e di Freak On A Leash, e dopo aver scaricato sulla folla una secchiata di pletri, che i Korn salutano tutti i presenti che di sicuro si ricorderanno di questa performance.

RAMMSTEIN
Cala il buio su Monza e il palco viene coperto da un telo enorme sul quale campeggia un gigantesco 8. Dopo 3 anni d’assenza dal nostro paese è ora del ritorno dei Rammstein. Sin da subito, si è capito che quello dei tedeschi non sarebbe stato un concerto normale. Un fascio di fuochi d’artificio si alzano da dietro il palcoscenico, e i due chitarristi Kruspe e Landers arrivano sul palco scendendo direttamente dall’impalcatura sopra il palco grazie a due piattaforme. Il concerto si è aperto sulle note della nuova Ramn4, seguita subito senza pausa da Reise, Reise mandando subito in delirio il pubblico. La band è in forma straordinaria, lo show visivo è ancora più pazzesco e il pubblico va completamente in delirio. Grande boato per Feur Frei! e le sue fiammate. Memorabile la scena durante “Ich Tu Dir Weh” tra Till Lindemann e il tastierista Christian Lorenz, il primo “costringe” il secondo (in tenuta carceraria arancione) ad entrare in una vasca. Lindemann successivamente salito su una piattaforma che sovrastava la vasca, rovescia sul suo tastierista da un bidone delle scintille, Lorenz esce magicamente dalla vasca con una tuta piena di brillantini di tutti i colori. La cosa che più colpisce dei Rammstein, al di la del grande show musicale, è lo show visivo che riescono a ricreare ogni sera, come degli attori. Oltre a suonare, ogni musicista sul palco ha il suo ruolo, da Lindemann con la sua superba presenza scenica, all’espressività facciale di Kruspe, a Lorenz, che mentre suona le tastiere per complicarsi la vita cammina pure su un tapis-roulant. A ritmi folli il finale in successione: Mein Herz Brennt, Links 2-3-4. Ich Will, la pirotecnica Du Hast, e Stripped (cover dei Depeche Mode). Lindemann saluta il pubblico con uno stentato italiano e la band esce dal mastodontico palco, per poi tornare per gli encore: si inizia con una bellissima versione di Engel, dove il leader della band teutonica viene avvolto dalle solite ali infiammate, e successivamente viene letteralmente sollevato di alcun metri sopra il palcoscenico. Il concerto si è concluso sulle note di Sonne, dopo la quale la band si è dileguata senza salutare il pubblico, ma d’altronde il cinismo e la freddezza nei confronti del pubblico è un elemento che determina da anni le performance live dei Rammstein.

In conclusione, bisogna dire che è stata un’ottima edizione per il Gods Of Metal, ben organizzata e ospitata in una location perfetta per un evento simile.

Si ringrazia Live Nation per il gentile invito.
Testo a cura di Alberto Gandolfo

Foto a cura di Romano Nunziato

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